Se bruciasse la città: i giorni di via del Sole e un ingegnere visionario

I giorni di via del Sole e un ingegnere visionario
I giorni di via del Sole e un ingegnere visionario
di Vittorio Del Tufo
Domenica 18 Febbraio 2024, 10:00
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«Non si vede nulla all'esterno di questo fuoco che mi brucia il cuore?»

(Victor Hugo, Notre-Dame de Paris) 

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C'erano loro, l'11 marzo 1918, quando il dirigibile Zeppelin LZ 59, decollato dalla Bulgaria, sganciò da una quota di 4000 metri quaranta ordigni sulla città che dormiva, colpendo abitazioni e chiese da via Toledo ai Quartieri e seminando il terrore tra la popolazione civile. C'erano loro, il 28 marzo 1943, quando la grande motonave Caterina Costa esplose con le sue 800 tonnellate di carburante, 1700 tonnellate di esplosivo e di munizioni e centinaia di militari italiani e tedeschi a bordo. Quel giorno il cielo si oscurò, e i napoletani videro l'inferno in terra. Anche allora, come oggi, i primi a tuffarsi dentro quell'inferno per salvare il maggior numero di vite possibile furono gli angeli del fuoco, i pompieri di via del Sole.

Questa è la storia di un luogo della memoria incastonato, come una gemma, nel cuore di pietra della città. Ma è, soprattutto, una storia di primati, di eccellenze, di uomini coraggiosi e di eroi dimenticati. Una sorprendente carrellata di personaggi che oggi rivive nella Galleria Storica dei Vigili del Fuoco, in quella via del Sole che è stata a lungo - prima che terremoti e alluvioni ne levigassero la sommità - il punto più alto dell'antica Neapolis: l'Acropoli, protetta da una cinta muraria di cui tuttora restano sparse tracce di straordinaria bellezza.

La storia dei Pompieri di Napoli nasce nel 1806 con Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, che fondò a Napoli il primo corpo dei Pompieri nell'Italia preunitaria.

Lo stesso imperatore francese, dopo essere scampato, nel 1810, ad un disastroso incendio presso l'Ambasciata d'Austria e aver seguito personalmente l'inchiesta per appurare cause e responsabilità, aveva riorganizzato completamente il servizio antincendi sciogliendo, nel 1811, la struttura delle Gardes-Pompes per istituire il "Bataillon des Sapeurs-Pompiers de Paris" che ancor oggi sopravvive pur riformato negli anni. Fu Ferdinando di Borbone, che con la fine dell'impero napoleonico era tornato sul trono del Regno delle Due Sicilie, a rifondare il Corpo dei Pompieri nel 1833. Risale a quell'anno il primo bando di arruolamento, conservato nella Galleria Storica di via del Sole. Per entrare a far parte di queste speciali «Guardie per estinguere gli incendi nella Capitale» bisognava avere tra i 18 e i 40 anni; saper «leggere, scrivere e conoscere le prime quattro regole dell'Aritmetica»; possedere una «buona morale» con tanto di attestato «del sindaco o del parroco del quartiere» e aver svolto per due anni di seguito una delle seguenti arti: Fontanari, Chiodaroli, Sportellari, Falegnami, Apparatori, Sellari, Carrozzieri e Chiavettieri. I primi pompieri dovevano possedere, pertanto, precisi requisiti di manualità, e l'aver lavorato presso le botteghe artigiane dava lustro al curriculum facendo guadagnare posti in graduatoria. 

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La sede di via del Sole, caso unico in Europa, è stata la Casa dei Pompieri ininterrottamente dal 1833 fino ai giorni nostri. L'edificio oggi ospita la direzione regionale dei Vigili del Fuoco della Campania e il distaccamento operativo centro storico del Comando di Napoli. Nel 2013 fu istituito l'Ufficio per la Memoria e il Patrimonio Storico dei Vigili del Fuoco Campani, diretto dall'ingegnere Michele La Veglia, che ha anche curato la realizzazione della Galleria Storica dei Vigili del fuoco. Ormai da dieci anni questo testardo custode della memoria, con i suoi collaboratori, in primis il caporeparto Rosario Martusciello, sta riportando alla luce una storia dimenticata, fatta di primati, di eccellenze, di coordinamento di grandi e piccole emergenze, non solo di incendi; i prodromi di quella che oggi si chiama Protezione Civile. L'attuale Direttore Regionale dei VVF Emanuele Franculli ha dato grande impulso negli ultimi anni alla Galleria, che è stata arricchita da una collezione di elmetti da tutto il mondo frutto di una donazione, e disponendo anche l'arredo del corridoio storico dell'ex convento con grandi foto dell'epoca. Inaugurata nel 2017 la Galleria Storica ospita cimeli, reperti e le testimonianze documentali dei primi pompieri.

Alle spalle dell'edificio di via del Sole, la stradina che taglia perpendicolarmente via Tribunali è dedicata a Francesco Del Giudice, figura a suo modo leggendaria, che fu ininterrottamente direttore del Corpo di Napoli dal 1838 al 1878, resistendo dunque allo spoil system dei Savoia dopo il regime borbonico. Vero genio delle tecniche antincendio, il visionario Del Giudice inventò i primi «autorespiratori per ambienti irrespirabili», antenati dei moderni autoprotettori, le prime scale di salvataggio e i ponticelli di sollevamento. Molti dei dispositivi di sicurezza oggi adottati furono disegnati da Del Giudice; con lui i vigili si posero all'avanguardia nelle operazioni di soccorso ma soprattutto nella prevenzione. Basti pensare che Napoli fu la prima città che rese obbligatoria la presenza di un drappello di pompieri in occasione di un qualsiasi spettacolo teatrale, per la prevenzione degli incendi, obbligo valido ancora oggi su tutto il territorio nazionale. Dovette servire da monito, evidentemente, la terribile lezione del 1816, quando il teatro San Carlo avvampò in un'immensa pira svegliando di soprassalto gli abitanti delle zone circostanti, che scesero in strada spaventati dal rumore e dai lampi di quello spaventoso rogo. Quell'incendio che tanto impressionò gli artisti dell'epoca, a cominciare da Pitloo (che lo immortalò in un famoso dipinto) scaturì da una lanterna lasciata accesa durante la prova di uno spettacolo, e distrusse in poche ore l'interno del teatro risparmiando i soli muri perimetrali ed il corpo aggiunto. Del Giudice è l'unico caso di figura pubblica del Regno delle Due Sicilie che mantenne la sua carica anche dopo l'Unità d'Italia, dal momento che il Regno Sabaudo gli confermò l'incarico di Comandante dei Pompieri, oltre a conferirgli quello di preside del primo istituto professionale della storia napoletana. 

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«Siamo davanti a un genio, quello che alcuni hanno definito il Leonardo da Vinci dei Vigili del Fuoco e non solo italiani», afferma il custode delle memorie dei pompieri napoletani, l'ingegnere Michele La Veglia. Fino al 1830 le pompe idrauliche servivano essenzialmente a sollevare acqua in grande quantità , ma con una potenza di spinta non elevata. Del Giudice modificò la pompa idraulica, in uso dai tempi dell'Impero Romano per svuotare i canali di bonifica, in una pompa antincendio applicando sostanziali innovazioni alla valvola e al corpo pompa, così da rendere il macchinario leggero e quindi trasportabile sul luogo di un incendio, e da consentire il lancio dell'acqua ad altezze elevate. La descrizione della pompa, con i disegni costruttivi della particolare valvola da lui chiamata embolo, si trova nei suoi libri pubblicati tra il 1848 ed il 1853. Del Giudice non brevettò le innovazioni suddette, rimanendone però orgoglioso ideatore, al punto che inviò generosamente copia dei suoi testi a tutti i direttori dei Pompieri degli Stati Italiani ed europei. Nell'archivio è stata ritrovata anche la lettera con cui egli inviava al Sultano di Costantinopoli copia del suo libro «Universalità dei mezzi di previdenza, difesa e salvezza per le calamità degli incendi», pubblicato a Bologna nel 1848. 

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