Salerno, il gip conferma l'interdizione per il primario Coscioni e la sue equipe

Secondo il gip di Salerno i racconti fatti dai singoli indagati sulle modalità di intervento durante gli interrogatori non sarebbero uguali

Il primario Enrico Coscioni
Il primario Enrico Coscioni
di Petronilla Carillo
Sabato 23 Marzo 2024, 06:35 - Ultimo agg. 09:05
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Dopo il parere contrario del pm Licia Vivaldi arriva anche il rigetto del gip Piero Indinnimeo alla revoca dell’interdittiva del divieto di esercitare la professione medica per il capo dipartimento di Cardiochirurgia presso la torre cardiologica del Ruggi, Enrico Coscioni (difeso dagli avvocati Agostino De Caro e Gaetano Pastore) e la sua equipe. Richiesta di revoca che era stata avanzata dai difensori degli indagati in sede di interrogatorio di garanzia.

Se per Coscioni l’interdittiva è di 12 mesi, per gli altri era stata fissata per periodi diversi: nove mesi per Pietro Toigo (difeso dall’avvocato Giovanni Sofia) e Gerardo Del Negro, e di sei mesi per Francesco Pirozzi ed Aniello Puca. Il primario e la sua equipe, ricordiamo, sono indagati per il decesso di un paziente da loro operato: Umberto Maddolo. Nel corso del delicato e complicato intervento, sulle cui modalità di esecuzione il gip ha espresso dubbi, i medici avrebbero anche dimenticato nel suo cuore una garza.

Il gip ha emesso ordinanze individuali per ciascun indagato ma le motivazioni sono simili. Secondo il giudice per le indagini preliminari, difatti, «l’omessa rimozione del lembo di garza è concausa della morte del paziente posto che ha concorso a provocare una severa sofferenza ischemico-necrotica del miocardio e una ischemia a carico egli arti inferiori e del distretto pelvico riscontrata dalla evidente riduzione della curva pressoria in arteria femorale destra e (a seguito di un ecodoppler eseguito in Rianimazione) da ipoaflusso ematico periferico bilaterale in prima istanza di natura cardiogena» e proprio questa è una delle premesse fondamentali della decisione presa.

Relativamente, poi, alle altre motivazioni, a carico di ciascun indagato il gip Indinnimeo avrebbe riscontrato delle «scansioni dell’intervento del tutto difformi da quelle emergenti dagli atti e dagli interrogatori di altri indagati» e questo dettaglio non consentirebbe una diversa valutazione «in ordine all’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza contenute nel titolo cautelare al relativo giudizio di pericolosità». Per questo, oltre che per motivi legati al ruolo di ciascuno, il giudice ha ritenuto gli indagati «pericolosi negli interventi chirurgici nei quali sorgono eventi avversi (e non quelli di fisiologica gestione) avendo dimostrato, in tali casi e in modo evidente, di considerare preminente la tutela della loro eccellenza rispetto agli accertamenti che potevano acclarare l’esistenza del loro errore».

Sono quattro i profili di responsabilità riconosciuti dal gip a carico di Coscioni e della sua equipe. Innanzitutto le modalità di preparazione dell’intervento al quale viene sottoposto Maddolo (morto il 20 dicembre del 2021); quindi le scelte relativamente all’esecuzione dell’intervento; le modalità di esecuzione dello stesso, con riferimento anche all’aver lasciato nel cuore del paziente un lembo di garza; infine la gestione dell’evento critico che ha poi causato il decesso.

Al figlio che attendeva fuori alla sala operatoria, fu semplicemente detto che «la malattia è esplosa» mentre ancora si cercava la garza. Il paziente, in pratica, doveva avere la sostituzione valvolare aortica e una rivascolarizzazione coronarica a seguito di infarto del miocardio acuto. Contravvenendo alle linee guida del settore, Coscioni non convocò l’«heart team» che avrebbe dovuto prevedere le complicanze derivanti dall’intervento.

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Così, quando in sala operatoria i medici si resero conto di una estesa calcificazione dell’aorta e, secondo quanto rilevato dalla procura con l’aiuto dei periti, questo avrebbe dovuto comportare la sospensione dell’intervento, Coscioni decise di proseguire e fu dimenticato nel ventricolo sinistro un lembo di garza di 8 centimetri che, con il passare del tempo comportò una ostruzione delle vene, finendo nell'aorta addominale.