Docufilm, l'altra faccia dello showbiz: le nuove serie tv da Apple a Disney

Grandi protagonisti Pamela Anderson, Michael J. Fox, Mary Tyler Moore, Brooke Shields e Donna Summer

Sul set di «Pretty Baby: Brooke Shield»
Sul set di «Pretty Baby: Brooke Shield»
di Francesca Scorcucchi
Lunedì 3 Luglio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 4 Luglio, 08:00
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Pamela Anderson, Michael J. Fox, Mary Tyler Moore, Brooke Shields e Donna Summer. Tv e piattaforme hanno fame di materiali nuovi di zecca e raccontare i divi di un passato recente ma non troppo è la nuova tendenza sul fronte dei documentari.

Hbo propone «Being Mary Tyler Moore» e «Love to love you, Donna Summer», Apple Tv mette in cartellone «Still: A Michael J. Fox fovie», Netflix racconta Pamela Anderson anche attraverso la sua collezione di diari che, iniziati durante l'adolescenza ha continuato a tenere per tutta l'età adulta. Hulu negli Stati Uniti e Disney + in Europa propongono una biografia di Brooke Shield, dai suoi precocissimi esordi ad oggi: diretta da Lana Wilson «Pretty Baby: Brooke Shield» punta il dito sulla croce e delizia dell'attrice di «Laguna blu». Il suo viso d'angelo. «Quante volte mi sono sentita dire che avevo un faccino carino? Tante, troppe», dice la Shields oggi cinquantottenne, «e questa cosa, a furia di sentirmela ripetere, ti uccise. Non ero più una persona, ero solo una faccina carina». Brooke esordì nel mondo della moda e del cinema ancora preadolescente e le polemiche a causa della sua immagine ipersessualizzata non mancarono. «Mi stupisco di essere sopravvissuta», confessa nel documentario che utilizza l'enorme archivio di foto e video conservati dalla madre Teri Shields, che era anche la sua manager. «Laguna blu» fu il film che la lanciò a Hollywood, a quell'epoca il «Times» le dedicò una copertina nominandola «Faccia degli anni 80». Il racconto pone l'accento sullo sfruttamento delle ragazzine giovanissime nel post-femministoio degli anni Ottanta. «Le donne non si concedono più? E noi abbiamo le ragazzine. Era questo il pensiero dominante di allora», sintetizza la regista Lana Wilson. 

Non molto diverso è il racconto di «Pamela, a love story», diretto da Ryan White per Netflix.

Anche questa è una storia di sfruttamento dell'immagine e della sessualità di una donna perseguitata dalla fama e dalla bellezza. Il documentario è la risposta a «Pam & Tommy», la serie targata Hulu/Disney + uscita lo scorso anno che ha riportato alla memoria la famosa vicenda del video sexy girato dalla sex symbol con Tommy Lee dei Mötley Crüe fra le mura domestiche e poi finito in pasto al pubblico. «Voglio raccontare la mia versione», dice la star. «Si assistette a una spersonificazione di Pamela», ricorda il regista, «che dopo quell'episodio perse ogni diritto ad una sfera privata». La Anderson, però, non ci sta a fare la vittima: «Non sono la damigella in attesa di un salvatore, mi sono messa io stessa in situazioni pazzesche e sono sopravvissuta».

Il racconto di una figlia della madre è invece «Love to love you, Donna Summer», codiretto da Brooklyn Sudano, figlia della cantante (e del compositore Bruce Sodano, secondo marito della regiana della disco music), e da Roger Ross Williams. «Andai da papà e gli dissi: voglio fare un documentario sulla mamma», dice Brooklyn: «Per me era importante raccontare mia madre, non la sua figura pubblica. Mia madre diceva sempre che lei quando cantava faceva l'attrice, recitava una parte. Ecco, vorrei che emergesse la persona, non la cantante né tantomeno l'attrice che interpretava quei successi».

Potente, drammatico e allo stesso tempo edificante è il racconto di Michael J. Fox In «Still: a Michael J. Fox movie» di Davis Guggenheim, in cui l'attore di «Ritorno al futuro» racconta la sua battaglia con il Parkinson che lo ha colpito più di 30 anni fa. «Mi svegliai e vidi il mio mignolo muoversi, contro la mia volontà. La diagnosi poco dopo fu Parkinson». Oggi Fox vive a Manhattan con la moglie Tracy Pollan e lavora tutti i giorni con il suo fisioterapista per mantenere il suo corpo, minato dalla malattia, il più attivo possibile e nel frattempo raccoglie denaro (quasi due miliardi di dollari sino ad oggi), per la ricerca contro la malattia, grazie alla fondazione che porta il suo nome. 

Diretto e prodotto da James Adolphus, il documentario dedicato a Mary Tyler Moore racconta, dei cinque, forse il personaggio meno noto al pubblico italiano. Eppure la Moore ha all'attivo 15 candidature agli Emmy, e una all'Oscar, per «Gente comune» del 1980.  Attrice di talento, star da telefilm e attivista, è un personaggio adatto a questi tempi di sciopero a Hollywood: «Il docufilm celebra il processo creativo degli artisti contro lo strapotere degli studios e le battaglie delle donne a Hollywood negli ultimi 50 anni», riflette il produttore e regista James Adolphus, «molti dei passi avanti fatti ai tempi purtroppo si sono rilevati solo temporanei, ma Mary Tyler Moore è il simbolo di quelle lotte». 

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