Tony Adley, una data in Campania: «Mai più Spandau Ballet. Una reunion è esclusa»

Il cantante esclude qualsiasi ricomposizione con gli ex amici

Tony Hadley
Tony Hadley
di Enzo Gentile
Lunedì 8 Aprile 2024, 00:00 - Ultimo agg. 09:07
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Tony Hadley, già fondatore degli Spandau Ballet, band che a lungo fu ai vertici delle classifiche, anche qui in Italia, è un signore elegante, cordiale, amabile, che, con qualche acciacco, porta benissimo la sua età, 63 anni, restando ben saldo sulla breccia: «Ho una vita che mi appaga in tutto, una famiglia con cinque figli e una moglie splendidi; ho ancora voglia di stare sul palco, la gente mi dimostra gradimento e applaude, e mi resta la curiosità di spingere la mia storia anche oltre la memoria e il passato. E sento la fortuna di poter ancora fare quello che amo, nel modo migliore». Ha dimenticato, ormai, l’infortunio avuto lo scorso agosto a Palmi (Reggio Calabria), scivolando in camerino mentre attendeva di salire sul palco, con conseguente frattura della rotula e rottura di un legamento. E mostra fiero la sua gamba risanata, che gli permetterà di tornare sul palco. Venerdì esce il suo nuovo progetto, «The mood I’m in», dieci canzoni che ne rispolverano il talento, la voce pronti ad evadere, temporaneamente (?) dal sound d’epoca, erano gli anni Ottanta dei leziosissimi new romantic, con i Duran Duran il suo gruppo si divideva il cuore delle ragazzine che non avevano voglia di ascoltare la più corposa produzione new wave: qui Tony viaggia verso lo swing, tra orchestrazioni ampie e ambiziose, con un repertorio capace di pescare negli standard («That’s life», «Just a gigolo») e in qualche traccia meno nota («Wait for you») o composta per l’occasione («Walk of shame»).

Da dove nasce questo desiderio di cambiare sound, mister Hadley?

«Sono cresciuto con due genitori appassionati di figure come Frank Sinatra, Tony Bennett, Sammy Davis jr., e persino qualche deviazione più operistica alla Mario Lanza.

Per me è stata la colonna sonora dell’infanzia e quando poi da ragazzo ho scoperto, come tutti, rock e punk, l’altra musica, l’ho abbracciata immediatamente, senza rimuovere il resto. Trovo che ci siano canzoni meravigliose da recuperare, e ho avuto solo l’imbarazzo della scelta, fino ad inserire anche un omaggio ai Doors, “Touch me”, che con questi nuovi arrangiamenti diventa esplosiva, ideale per aprire il disco».

All’epoca degli Spandau Ballet disse di voler mandare in pensione Rolling Stones, Paul McCartney e «i dinosauri del rock».

«È proprio vero che si nasce incendiari e si muore pompieri. Da giovane si dicono un sacco di cazzate. Oggi me ne vergogno. E Macca e Jagger sono ancora in giro e fanno cose incredibili».

Intanto, lei tornerà presto in Italia, con uno show che accorpa materiali diversi: a maggio sarà a Padova (18), Milano (19), Ancona (21) per «The big swing tour», accompagnato dall’orchestra di Gabriele Comeglio, con cui presentare le canzoni del nuovo album insieme ai brani di successo degli Spandau Ballet. Mentre sin dai prossimi giorni (sarà a Roma il 18 aprile) per arrivare, tra l’altro, l’11 luglio al belvedere di San Leucio (Ce), sarà in tour con la sua formazione, The Fabulous TH Band. Con quale spirito si avvicina a «Through the barricades», «True» e l’inno non ufficiale delle Olimpiadi di Londra, «Gold»? E ha rimorsi per come è finita, nel 2015, con il distacco definitivo dalla band e il rifiuto di pensare anche lontanamente a una reunion?

«Questo è il mio mestiere e mi accosto a canzoni che mi piacciono, che la gente ascolta volentieri e chi mi appartengono in tutto e per tutto. Come sia finita la nostra avventura è una cosa molto triste, con molti errori, ma nessun rimpianto. I miei ex compagni sanno benissimo come sono andate le cose. Sono gli alti e bassi che si susseguono nella vita di tutti: ma con gli Spandau Ballet ci sono stati tempi e album bellissimi che non potrei mai rinnegare. Se tante persone mi ricordano per quel periodo, significa che cose buone ne abbiamo fatte. Ma chiamatemi ex cantante degli Spandau Ballet, per cortesia: una reunion non la farei neppure per un miliardo di sterline».

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Lei ha attraversato ere diverse della musica e ora canta il passato: ma come vede il presente dello show business?

«Mi interessa molto e spesso devo ringraziare la mia figlia più piccola - ha 12 anni - che mi suggerisce cosa ascoltare, spaziando molto tra i generi. Così ascolto di tutto, tra i nomi più recenti mi piacciono Sam Fender, Jack Savoretti, Panic at the Disco, Wombats, Kaiser Chiefs e poi nell’elettronica Swedish House Mafia e qualche rapper per i testi, non quelli violenti, ovvio... Il momento è buono, la fioritura promette bene, tutto a portata di un clic, istantaneamente. Anche se io sono un uomo d’altri tempi, apprezzo anche un bel disco, a partire dalla sua copertina: e sono convinto che queste abitudini non moriranno mai».

Bilanci personali?

«La carriera funziona, la voce è ancora come prima. Poi, se avessi la bacchetta magica per fermare la guerra in Ucraina e in Palestina lo farei, ma devo ammetterlo, per quanto mi riguarda la vita mi ha trattato bene».

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