Milicic coach Gevi: «La Coppa e Napoli: emozioni per sempre»

Doppio incarico come Calzona: «Basta lavorare 22 ore al giorno»

Coach Milicic
Coach Milicic
di Stefano Prestisimone
Lunedì 19 Febbraio 2024, 23:36 - Ultimo agg. 20 Febbraio, 20:09
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È la “big thing” del basket italiano, come definiscono in Usa la super novità. E la conquista della Coppa Italia nell’incredibile weekend torinese è l’ulteriore conferma. La Gevi Napoli sbalordendo tutti ha vinto il trofeo di mezza stagione, in campionato è in alta classifica e in piena zona playoff, gioca un basket arrembante, aggressivo. Il coach Igor Milicic, 48 anni, può essere considerato l’uomo-simbolo di questa esplosione.

Ex giocatore in patria con un argento europeo under 18, da senior scelse la Polonia (dove ha trovato moglie che gli ha dato tre figli, tutti promettenti giocatori) per allungare la carriera e diventare croato-polacco. Poi nel 2013, a 37 anni, la decisione di passare dal campo alla panchina. 

Lui ha una storia da raccontare che va ben oltre il basket. I primi tiri da bambino ad un canestro rudimentale, la guerra di Jugoslavia che cambiò per sempre la storia della sua famiglia. Ma oggi si parla di trionfo. 

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Sensazioni a freddo, coach?
«Non ci sono sensazioni a freddo o a caldo. Ci sono meravigliose sensazioni in generale e che resteranno domani, tra un giorno, tra un anno, tra dieci anni. Nessuno potrà cancellare ciò che abbiamo vissuto alle finali di Torino».

Dopo tre sconfitte in fila in campionato, questa impresa. Quanto ha lavorato sulle testa dei giocatori alla vigilia?
«Quelle tre sconfitte sono state molto diverse l’una dall’altra. Qui siamo arrivati con un bel po’ di voglia di rivalsa, tutti noi. E il fatto di trovarci di fronte proprio la squadra che ci aveva mortificato a casa nostra ha fatto scattare qualcosa. Siamo partiti subito fortissimo e quel primo quarto ha determinato poi tutto il percorso fatto fino alla vittoria».

Un Ennis così propositivo in attacco lo vedremo anche in questa seconda parte di stagione?
«Preferisco sempre parlare di squadra più che di singoli e di mettere in evidenza il grande impatto difensivo che abbiamo mostrato. Non ci sono eroi, in attacco ci sono state giocate individuali importanti ma è il lavoro complessivo che ha fatto la differenza».

Ma il canestro straordinario e folle da 3 di Pullen a pochi secondi dalla fine.
«Noi proviamo queste situazioni particolari in allenamento, siamo pronti a giocare un certo tipo di azione e abbiamo i giocatori adatti a fare quei canestri. Ho lasciato fare, se avessimo sbagliato quel tiro avremo fatto fallo per avere un’altra possibilità».

Dopo questa impresa, cambiano le prospettive in campionato?
«In questa stagione ci sono stati momenti molto positivi e qualche momento negativo. Chiaro che questa vittoria ci dà convinzione, spinta, un impulso per fare ancora meglio in questi mesi finali».

Lei ha un doppio ruolo, ct della Polonia e coach della Gevi. Ora il Napoli calcio sta per prendere Calzona, che è il ct della Slovacchia. Come si affronta un doppio impegno così?
«In fondo non è così difficile (sorride ndr). Basta lavorare 20-22 ore al giorno e dormire pochissimo».

Riavvolgiamo il nastro: quando scatta il suo amore per il basket?
«Sono nato a Slavonski Brod, proprio sul confine tra Croazia e Bosnia, con un fiume e dividere i due paesi. Mio nonno, quando avevo 6-7 anni, mi costruì un canestro e lo fissò su un albero di vite. Lì cominciò l’approccio con la pallacanestro, provavo a emulare i giocatori slavi che vedevo in tv».

Poi nel 1991 scoppia la guerra in Jugoslavia.
«Io avevo 14 anni e mi ero già trasferito da pochi mesi a Spalato per giocare nel settore giovanile. Ma la mia famiglia a Slavonski Brod si trovò proprio in zona di guerra. La cittadina fu al centro di scontri feroci, la casa fu distrutta e le mie sorelle e miei cugini scapparono a Zagabria mentre i miei genitori come rifugiati andarono in Danimarca, dove poi le mie sorelle due anni dopo li raggiunsero. E ancora oggi vivono lì. Io me la sono cavata a Spalato ma la cosa importante è che la mia famiglia non ha avuto gravi conseguenze».