Spalletti, nessuna polemica: «Festeggio lo scudetto con il popolo e con i miei calciatori»

«Non commento le parole del presidente, sono organizzato su altro»

Luciano Spalletti
Luciano Spalletti
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Lunedì 29 Maggio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 30 Maggio, 07:33
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«Festeggio lo scudetto con il popolo e con i miei calciatori». E ancora: «Non commento le parole del presidente, sono organizzato mentalmente su altro». E infine: «Ho passato una settimana felice con i miei sentimenti. E vanno tutti nella stessa direzione». Luciano Spalletti è una piccola polveriera di emozioni, ma forse anche di tormenti, pronta a esplodere. Evita accuratamente di salire sul ring dove pure De Laurentiis corre il rischio di trascinarlo. Ogni giorno lo avvicina al gong: ormai anche il suo viso dice tanto, come la sua voce. Ha ancora un po' di roba che gli brucia nello stomaco, attende “il nemico” alle porte per potersi sfogare. Lo scudetto non lo rende più sereno. Il suo scudetto. Perché Osimhen ha fatto i gol ma lui, Spalletti, ha fatto la squadra. Resterà fermo, incredibile ma vero: ha il mondo in pugno ma ha deciso che deve concedersi quel tempo che ha sottratto a se stesso in questi mesi di Napoli. È deluso per la rimonta con il Bologna, ma dice il vero quando snobba il record dei 91 punti che non potrà conquistare: «Conta un solo record: aver vinto il campionato con 5 giornate di anticipo, non gioco per altri tipi di record. Mi basta quello che ho ottenuto quest'anno». Come dargli torto a questo uragano di sentimenti che gioca a essere solo un venticello: Spalletti attende domenica, la festa scudetto, il momento in cui i tifosi - ne è certo - si schiereranno con lui e ancora una volta - è convinto - dimostreranno a De Laurentiis da che parte stanno. Perché è tutto in questo duello, l'addio imminente: Spalletti ha rotto con De Laurentiis e ha deciso dii andare via. Rifiutando di prendere in considerazione qualsiasi proposta presidenziale. Perché non è questione di soldi, è questione che vuole tornare a casa. 

Il 2-2 di Bologna non è nulla. Non è una ferita, non è un pensiero. Che volete che importi? È come una amichevole, nulla di più. «Sapevo che ci avrebbero rimontato, perché abbiamo per troppo tempo fatto quello che non sappiamo gestire bene: lasciare il pallino a loro». Prova a parlare di calcio, in molti gli fanno gli assist giusti. Tenersi lontano dal fuoco della passione è cosa assai complicata. «Kim è il più forte difensore della serie A», dice provando ancora a recitare la parte del maestro che tenta, fino alla fine, di insegnare qualcosa ai propri allievi. Ma si avvicina il momento dei saluti, dei titoli di coda. «Cosa mi rimane dentro di questi due anni? Tantissime cose. Per costruire un campionato come il nostro, ci vuole la partecipazione di tutte le componenti. Anche se il sentimento della città, il sentimento unico che c'è a Napoli, è quello che fa la differenza. È una cosa che motiva, fa risollevare quando ci sono situazioni che fanno deprimere. Quando succede, basta viaggiare per Napoli, incontrare la gente e tutto diventa facile».

Si prepara alla festa del 4 giugno, quando il Maradona elaborerà che è l'ultima volta che Spalletti scenderà in campo da allenatore del Napoli. «Il tatuaggio? È un prurito che uno si sente addosso, uno guardare cosa c'è sotto e io immaginavo che c'era quello. E l'ho portato un superficie». In certi momenti è come Mourinho: sa bene cosa vogliono sentirsi dire i tifosi e lui parla la loro lingua. E infatti sono sempre tutti lì ad aspettarlo, per dirgli di restare. Cosa che lui non intende fare. «Può darsi che mi faccia tutto il braccio, ho anche altre cose da farmi tatuare». 

 

Prova a fare il gioco del suo successore: «Spero che restino tutti qui, a cominciare da Kim». Ma sa che non è una questione di sua pertinenza. Il prossimo allenatore del Napoli troverà una squadra perfettamente organizzata dal suo lavoro maniacale, fatto giorno dopo giorno. «In qualsiasi squadra potrà giocare, avrà un grande futuro anche Osimhen. Sta dentro la squadra da calciatore forte: ovvero come colui che risolve i problemi. Deve imparare ancora tanto, lo sa». Un allenatore, un padre, un fratello. Che ora torna a casa, la sua casa vera. Dopo un anno vissuto per conto suo, a pensare solo a come regalare ai napoletani questo sogno. Oggi è annunciato a Coverciano per una premiazione, il mondo del calcio non perde occasione per rendere omaggio all'uomo che ha rivoluzionato questo sport. Ma il troppo è troppo: e ora non ce la fa ad andare avanti. 

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