Avellino, tutti in aula tranne Martina: «I terapisti non ammessi»

La bambina di 10 anni soffre di autismo

Federica Saporito con la figlia
Federica Saporito con la figlia
di Riccardo Cannavale
Martedì 12 Settembre 2023, 08:30
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Martina tornerà solo tra sette giorni in classe: alla Perna Alighieri non sono ammessi i terapisti la prima settimana di lezioni. «Altro che ripartenza, per noi settembre è il mese della sconfitta e mia figlia dovrà attendere prima di entrare in classe». A parlare è Federica Saporito, mamma di Martina, una bimba autistica di 10 anni dal sorriso coinvolgente. Federica, anche grazie all'associazione Il Fiorellino e la Tartaruga porta avanti campagne di conoscenza sui disturbi dello spettro autistico. Una patologia con cui ormai oltre trecento famiglie irpine fanno i conti ogni giorno. Scontrandosi spesso con il più odioso dei muri di gomma, quello alzato da istituzioni poco sensibili.

Perché parla di mese della sconfitta? «Perché questo è il momento in cui abbiamo di più la sensazione di essere dietro a tutti.

Passata l'estate, settembre è il mese in cui ti scontri di nuovo con l'amara realtà».

In che senso? «Quando leggi tanta premura nelle circolari scolastiche che ricordano quando rientrare, come vestire, cosa mangiare e non c'è un rigo sull'accoglienza dei nostri figli, quello è il momento in cui ti rendi conto che certi temi non interessano a nessuno, che non sei nelle priorità del sistema. Mia figlia salterà la prima settimana di scuola».

Perché? «Perché per la prima settimana non è previsto l'ingresso dei terapisti in aula. E tra l'altro, nel suo caso, non è ancora stato assegnato il sostegno».

Com'è disciplinata la presenza dei terapisti in aula? «Con l'autonomia, ogni dirigente stabilisce le modalità di accesso seguendo anche le indicazioni del Provveditorato. Non tutte le scuole, però, si sono adeguate. La Perna-Alighieri, ad esempio, non lo ha fatto. E per la prima settimana Martina non potrà frequentare la scuola».

Perché secondo lei ancora ci sono questi ostacoli? «Perché in fondo i nostri figli non sono accettati. Il primo giorno di scuola è il giorno dell'apparenza e del caos. E si sa che autismo e confusione non vanno in sintonia. Se ci fosse in aula il terapista che conosce il bambino, però, sarebbe più facile superare questo gap. E noi ci sentiremmo meno diversi. Anche perchè ad oggi non è stato nemmeno assegnato il sostegno».

Come mai? «Quella che aveva non era di ruolo ed è stata assegnata ad altro istituto. Al momento in cui parlo ancora non so chi sarà il docente di mia figlia. Per ogni classe, dalla scuola sono arrivate note con nome e cognome degli insegnanti delle materie curriculari. Accanto al rigo dedicato al sostegno ci sono solo punti interrogativi. Sa cosa significa questo?».

Ce lo dica. «Che per la scuola non siamo una priorità».

In questi giorni si discute del futuro del Centro per l'Autismo di Valle. Qual è la sua opinione? «Che siamo di fronte ad un centro pensato per l'autismo di 30 anni fa. L'autismo, come la società, si è evoluto. Oggi occorre mettere al centro il contesto sociale e relazionale. Non servono ambienti dove non si sa bene cosa fare. Servono spazi per fornire risposte a persone di tutte le fasce di età e con diversi livelli di gravità e funzioni».

Di cosa c'è bisogno? «Innanzitutto, di potenziare la rete sociale e le terapie riabilitative in ambiente di vita. Le terapie vanno traslate nella quotidianità puntando alle autonomie che ciascuna persona autistica può conquistare. Le terapie non vanno tagliate. I casi sono in aumento ma l'autismo è trattabile. Lo dice la mamma di una bambina che prima piangeva 10 ore al giorno ed ora sorride, grazie alla riabilitazione. Faccio l'esempio di mia figlia: il suo è un caso molto grave. Ma ci stiamo lavorando tantissimo ed i progressi li vediamo. Allora, per lei non desidero un centro ma una finestra sul mondo, un posto in cui con opportune cure possa imparare a svolgere alcune autonomie ed essere produttiva».

Cosa si attende da questa nuova ripresa settembrina? «Ho un sogno: un protocollo d'intesa con l'azienda ospedaliera per attivare un percorso di sensibilizzazione dei medici per il trattamento dei nostri figli. Anche loro soffrono di tutti i disturbi di cui soffre qualsiasi altra persona ma davvero pochi medici riescono a trattarli. E per noi, anche un banale mal di denti, può diventare un'odissea».

 

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