Camorra. Omicidio Salzillo, il pentito Iovine: «Il nipote di Bardellino doveva morire»

Camorra. Omicidio Salzillo, il pentito Iovine: «Il nipote di Bardellino doveva morire»
Mercoledì 11 Marzo 2015, 18:43
1 Minuto di Lettura
SANTA MARIA CAPUA VETERE - Una condanna a morte eseguibile in qualsiasi momento da qualunque camorrista, fu emessa dal gotha del clan dei Casalesi contro Antonio Salzillo, nipote del boss fondatore del clan Antonio Bardellino, ucciso insieme a Clemente Prisco il 6 marzo del 2009 a Cancello ed Arnone. Lo ha spiegato al processo per il duplice omicidio in corso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere l'ex boss di San Cipriano d'Aversa, oggi pentito, Antonio Iovine. «Antonio Salzillo - dice collegato in video-conferenza l'ex primula rossa - doveva morire, così come il fratello Paride, che noi uccidemmo nel 1988. La stessa strage di Casapesenna (datata 1988, nel corso della quale fu uccisa una persona) fu organizzata proprio per colpire Antonio che però riuscì a sfuggire. Il suo ritorno nel Casertano, non autorizzato, non è piaciuto a nessuno, in particolare a Nicola Schiavone, figlio del boss Francesco detto Sandokan, che temeva per la sua incolumità. Salzillo fu anche visto in piazza San Cipriano; e come se avesse detto uccidetemi. Questa circostanza svegliò il clan».



Salzillo, così come il resto della famiglia Bardellino, trasferitasi in parte a Formia, non poteva più tornare dopo la faida di fine anni '80 inizio anni '90, ma nel 2007 aprì una concessionaria d'auto a Cancello e Arnone provocando la reazione del clan. Nel processo risultano imputate dieci persone tra mandanti ed esecutori del duplice delitto, tra cui lo stesso Schiavone jr, raggiunto proprio ieri da un'ordinanza in carcere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA