Covid a Caserta, il caso: «Io, seduta
sulla sedia per 28 ore senza aiuti»

Covid a Caserta, il caso: «Io, seduta sulla sedia per 28 ore senza aiuti»
di Marilù Musto
Venerdì 29 Gennaio 2021, 08:42
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«Mai più. Nessuno deve subire ciò che ho passato io: ho contratto il virus e sono rimasta sulla sedia a rotelle per 28 ore senza nessun aiuto. Ho chiesto all'Asl di inviarmi degli oss, operatori socio sanitari, ma mi è stato risposto che non potevano mandarli a casa perché non erano a sufficienza neanche negli ospedali. Mi sono sentita abbandonata. So che tante persone come me che non hanno avuto la mia forza, sono morte. All'Asl dico: non aspettate che ci siano morti». Mentre lo racconta, le scende una lacrima. Adele Di Gioia, ex cancelliera del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è sulla sedia a rotelle da quando la poliomielite l'ha colpita a soli 12 anni.
Ora di anni ne ha 70. Dalla vita lei ha avuto tutto: ha un marito e due figli. È la presidente dell'Aniep, un'associazione che assiste le persone che hanno bisogno di assistenza. Ma stavolta, lei che assiste tutti, è stata lasciata sola quando ha contratto la malattia da Coronavirus. Era il 23 ottobre del 2020. Nello stesso momento si sono ammalati il figlio e il marito, le uniche due persone che la aiutano ad alzarsi con il sollevatore e la sostengono ogni giorno nelle faccende. Ma per più di un giorno, fra il tre e il quattro novembre, l'intera famiglia rischiava di soccombere. «Ho dormito sulla mia sedia a rotelle, forse solo per quattro ore e quando mio marito e mio figlio si son sentiti meglio, sono stata assistita», racconta. Ma perché?


Lo spiega lei stessa, fra la commozione e la volontà di rivincita contro un sistema che non accudisce i più deboli. «Io ho avuto il Covid, fra i tre e il quattro novembre sono rimasta seduta sulla mia sedia perché mio marito e mio figlio si erano aggravati, anche loro malati di Covid, e non riuscivano ad alzarsi dal letto per usare il sollevatore che è necessario per me». In casa non poteva entrare nessuno. Eppure, amici e parenti di Adele avevano chiesto di intervenire, di rendersi utili. Non potevano, perché solo chi ha una esperienza in questo campo e nel periodo dell'emergenza Covid, poteva sostenere Adele. «Le figure oss dell'Asl di Caserta non erano sufficienti, mi è stato risposto, perché erano impegnati negli ospedali.

Mi è stato detto che non erano del numero adeguato neanche per l'attività ospedaliera», racconta adesso. In effetti, anche gli oss che avevano chiesto di entrare da Adele, non erano abilitati per il corso Covid. Il buio. In tre, sotto lo stesso tetto, si sono aiutati da soli.

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«Abbiamo saputo di essere positivi con un tampone - spiega Adele - abbiamo contattato il Covid Center dell'Asl il 1 Novembre, ma i medici si sono presentati solo dopo una settimana, il 7 Novembre, quando la situazione si stava già normalizzando in casa. Io, fra il due e il tre Novembre, capii che mio marito e mio figlio stavano male e proprio per questo chiesi di non andare a letto perché, comunque, ho una sedia a rotelle elettrica che durante tutto quel periodo di malattia mi ha permesso di portare loro quello che chiedevano, un bicchiere d'acqua, da mangiare. Così facendo, sono rimasta per 28 ore sulla sedia riuscendo a dormire solo tre o quattro ore. Noi eravamo soli, senza assistenza, non potevamo chiamare il 118 perché non c'era una emergenza tale da dover chiamare il servizio d'emergenza e quindi ci siamo trovati abbandonati. Racconto la mia storia per sensibilizzare le istituzioni: non lasciate soli i più deboli».
 

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