Maddaloni: ex Alcatel venduta a poco più di un milione, è già scontro sull'utilizzo

L'area abbandonata nel degrado ambientale è di 49mila metri quadri

L'ex Alcatel
L'ex Alcatel
di Giuseppe Miretto
Domenica 18 Giugno 2023, 10:00
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Venduto all'asta il cimitero industriale più grande della provincia. Lo spettrale ex sito produttivo dell'Alcatel, già Face Standard, è stato battuto per una cifra irrisoria di circa un milione e 250 mila euro. Dopo 12 anni dalla drammatica delocalizzazione produttiva e dalla successiva dismissione, ha trovato un proprietario il "Macrico maddalonese": infatti, l'area di oltre 49mila metri quadrati, composta da capannoni, palazzine uffici, piazzali e persino di un campo di calcio interno, è oggetto di accese dispute non solo per l'attuale degrado ambientale ma di un contenzioso sulla nuova destinazione urbanistica imposta dal Puc. Tanto che il commissario giudiziale Rampini (gestore del complesso, in nome e per conto della Mf Componenti Immobiliare e quindi della sezione fallimentare del Tribunale di Milano) ha chiesto l'annullamento del nuovo Puc non ancora approvato e ancora in fase di attuazione. Previsti tempi lunghi. Il Tar non ha decretato la sospensiva ma si è riservato di pronunciarsi nel merito. La vecchia destinazione del sito (nato la metà del secolo scorso in aperta campagna) è stata cancellata perché non ritenuta compatibile con la legislazione vigente, le linee programmatiche della Regione Campania e della Provincia di Caserta.

In sintesi, in pieno centro abitato le attività produttive inquinanti vanno sostituite con interventi di riqualificazione ambientale, rigenerazione urbana, bonifica per la creazione di servizi, spazi culturali e ovviamente giardini. Tale applicazione delle norme urbanistiche è stata ritenuta lesiva dei diritti della proprietà e, in particolare, della sequela di creditori. In concreto, il progetto finanziario collegato all'alienazione immobiliare è stato deludente: la base d'asta iniziale, partita da 12 milioni di euro, è crollata al di sotto del milione di euro. «Indietro non si torna - anticipa e conferma il sindaco Andrea De Filippo - la destinazione urbanistica è confacente ai dettami di riqualificazione urbanistica dell'area confinante con il comune di Caserta e l'area del costruendo policlinico. Le direttive regionali parlano chiaro: non è concepibile un'attività produttiva, magari inquinante, in un'area oggi residenziale per un sito costruito negli anni '50 del secolo scorso in aperta campagna». Poi lancia un'accusa: «Siamo oltremodo sorpresi. Abbiamo a che fare con dirigenti che vivono a Milano, la città che più di tutte ha fatto, della riconversione e del recupero dell'ex fabbriche, un vanto. Il nostro territorio non è da meno. Anzi, non è una colonia e non è nelle disponibilità dei privati». Deciderà la magistratura. Intanto, come appena si è diffusa la notizia della vendita è scattata la corsa alla riscossione dei crediti esigibili. I primi a battere cassa sono gli ex dipendenti che dall'alienazione immobiliare attendono la liquidazione del Tfr per circa mezzo milione di euro. Pure l'ente locale aspetta la riscossione molto di più di mezzo milione di crediti sotto forma di tributi non pagati e bloccati dalle procedure fallimentari. «Finalmente - commenta l'ingegnere Nicola Corbo, decano dei tecnici locali - c'è un interlocutore a cui chiedere l'avvio della bonifica ambientale, la messa in sicurezza del sito che contiene amianto e il ripristino delle condizioni igienico-sanitarie compatibili con le aree residenziali circostanti.

E anche con cui discutere su un sito che nel nuovo Puc è destinato a diventare un polo funzionale al servizio del Policlinico». Più che il futuro preoccupa il presente: dopo due incendi, il sito è diventato un ricettacolo di rifiuti e cani randagi. «Lo sconcerto e la rassegnazione - testimonia Giulio Carfora- tormenta, da anni, noi che siamo confinanti. L'ex sito produttivo è uno stabile spettrale che contiene ancora computer vecchi e annesse carcasse, armadi e scaffalature dismesse, residui di materiale plastico, rottami o parti di macchinari di produzione abbandonati». 

 

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