Carrozze borboniche a Firenze dopo l'Unità d'Italia: «Ora restituitele a Napoli»

Carrozze borboniche a Firenze dopo l'Unità d'Italia: «Ora restituitele a Napoli»
di Antonio Folle
Domenica 9 Ottobre 2022, 11:59
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A Napoli e nel Sud Italia, subito dopo l’arrivo dei garibaldini, seguiti a breve distanza dai piemontesi, oro, opere d’arte e finanche gli arredi delle regge borboniche “presero il volo” in direzione Nord, andando ad arricchire e ad abbellire i palazzi dei Savoia. Testimone d’eccezione di una spoliazione i cui echi riverberano ancora ai giorni nostri fu Lina Wertmuller, che nel corso di una intervista rilasciata alcuni anni fa raccontò di come, per girare il film storico “Ferdinando e Carolina”, la produzione fu costretta ad andare a recuperare gli arredi originariamente posti all’interno del palazzo reale di Napoli e all’interno della reggia di Caserta, fino in Piemonte, nelle regge dei Savoia.

Con l’avvento dell’Unità, non solo i preziosi arredi dei palazzi reali napoletani furono portati altrove. A prendere la via del Nord furono anche le maestose carrozze borboniche, che furono accuratamente smontate e portate a Firenze prima e a Roma poi, per "adornare" le uscite pubbliche dei nuovi re d'Italia. Tra i pezzi pregiatissimi che furono traslocati dai Savoia, anche la possente carrozza servita all’ultimo re delle Due Sicilie Francesco II per la sua cerimonia d’incoronazione e che sfilò durante l'ultima vera festa di Piedigrotta.

Per secoli Napoli è stata la vera capitale della carrozza.

I maestri d’ascia napoletani erano famosi in tutto il mondo per la loro superba arte e i “pezzi” prodotti a Napoli venivano allora esportati in tutto il mondo. Le carrozze napoletane - oltre alla carrozza di Francesco II furono “deportate” almeno un’altra decina di carrozze di diverse epoche - negli anni successivi all’unità italiana hanno peregrinato in giro per l’Italia, seguendo le sorti della dinastia sabauda. Prima a Torino, poi a Firenze per poi approdare, a Roma, la capitale dello Stato Pontificio strappata a viva forza al papa Pio IX. Naturalmente l’opera di spoliazione era seguita da una accurata - e barbara - opera di cancellazione della storia. I fregi e gli stemmi borbonici, infatti, venivano accuratamente rimossi - il palazzo reale di Napoli, la reggia di Caserta ed altri edifici di epoca borbonica portano ancora oggi le “stimmate” degli interventi post-unitari - per far spazio alla croce dei Savoia.

Da diversi anni, però, diverse associazioni - tra tutte il Movimento Neoborbonico - si stanno battendo per fare chiarezza sugli avvenimenti post-unitari, facendo luce su eventi ancora oggi, oltre centocinquant’anni dopo, oggetto di dibattito. E da questo punto di vista anche il destino delle carrozze borboniche, oggi “detenute” a Firenze, potrebbe prendere una piega diversa.

«La storia delle carrozze borboniche - afferma il numero uno dei Neoborbonici Gennaro de Crescenzo - portate, o per meglio dire deportate, a Firenze è una piccola grande storia più che mai significativa, con tanti elementi importanti e che raccontano, a loro volta, altre storie. C’è la storia del’industria e dell’artigianato delle Due Sicilie, con tanti primati sia quantitativi che qualitativi in tanti settori ed anche nel fiorente settore delle carrozze. C’è poi la storia della cancellazione dei simboli del passato, con gli stemmi borbonici sostituiti da quelli sabaudi, scelta che la dinastia torinese fece anche in altri campi, al teatro San Carlo, come con strade e navi alle quali cambiò il nome. Una sottrazione di memoria storica maldestra che non aveva precedenti - continua de Crescenzo - che fece e che fa ancora oggi danni rilevanti. C’è infine la storia legata al presente ed alla valorizzazione mancata di opere come quelle di cui parliamo, e che potrebbero raccontare a intere generazioni di meridionali, se solo fossero state lasciate a “casa loro”, radici, identità ed orgoglio».

La “bomba” che i Neoborbonici ed altre associazioni culturali stanno per sganciare è di quelle destinate a far rumore. La proposta, infatti, è quella di “riprendersi” le antiche carrozze napoletane e riportarle a Napoli per esporle, magari proprio a palazzo reale.

«Sulle carrozze - ha dichiarato Giuseppe Serroni dell’associazione “I Sedili di Napoli“  - c’è da dire che Napoli vanta un Museo pubblico, collocato all’interno della villa Pignatelli. Per le carrozze borboniche, una sede più dignitosa resta, ovviamente, il palazzo reale di Napoli o, in alternativa, la reggia di Portici. Tenere lontano, nascoste e prigioniere queste bellissime opere d’arte non giova nemmeno alla loro conservazione. Basti pensare - precisa Serroni - alle carrozze custodite a San Martino e che solo recentemente sono state restaurate, giusto in tempo prima di perderle per sempre, attaccate com’erano dai parassiti del legno. Questo - ha poi concluso Serroni - è un argomento caro a tutti i napoletani e auspichiamo un interessamento del prossimo ministro della Cultura».

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