Clan Fezza-De Vivo di Pagani, in 25 finiscono a processo con il rito immediato

La Dda di Salerno ritiene che Rosario Giugliano, boss di Poggiomarino detto «o minorenne», fosse consigliere delle famiglie dell'Agro. Tra le accuse estorsione, tentato omicidio, possesso di armi da fuoco e detenzione di droga

Una recente attività di controllo nel quartiere Lamia a Pagani
Una recente attività di controllo nel quartiere Lamia a Pagani
di Nicola Sorrentino
Mercoledì 15 Marzo 2023, 07:00 - Ultimo agg. 08:44
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Clan Fezza-De Vivo, in 25 a processo con il rito immediato chiesto dalla Dda di Salerno. La maxi inchiesta sulla città di Pagani, ora conclusa, ricostruisce il controllo dell’Agro nocerino e di parte del Vesuviano, attraverso la federazione di due organizzazioni criminali: quella che fa riferimento ai Fezza-De Vivo di Pagani e quella di Rosario Giugliano, «o minorenne» di Poggiomarino, finito al 41 bis qualche settimana fa e ritenuto consigliere delle famiglie paganesi. La richiesta di processo riguarda le persone finite in misura cautelare.

Allo stato sono ancora irreperibili due indagati, i fratelli Vincenzo e Daniele Confessore. A capo del clan vi sarebbero, invece, Francesco Fezza e Andrea De Vivo. Le accuse, a vario titolo, comprendono estorsione, tangenti imposte ai capi piazza per spacciare droga, intestazioni fittizie, tentato omicidio, autoriciclaggio, favoreggiamento, possesso di armi da fuoco e detenzione di droga. Diverse pronunce del Tribunale del Riesame, di recente, avevano sottolineato come il clan di Pagani agisse con il fare «tipico dei sodalizi criminali», dove anche l’elemento territoriale ha la sua valenza: il quartiere Lamia infatti diventa la «roccaforte del sodalizio» mentre la forza intimidatoria dei capi e dei sodali, si esplicita «nel compimento di atti di pura violenza e minaccia esplicita che nel contesto mafioso di riferimento, appaiono necessari per alimentare la capacità criminale di controllo del territorio, mantenendo vivo e presente il senso di soggezione nei consociati».

Dopo aver «estromesso» la famiglia D’Auria Petrosino - come evidenziato dall’indagine dell’Antimafia - il nuovo clan di Pagani avrebbe esteso i suoi interessi in primis sul traffico di droga, imponendo un’estorsione mensile ai capi piazza, liberi di comprare lo stupefacente dovunque volessero. Inoltre, il gruppo avrebbe occultato e reinvestito i proventi dei traffici illeciti - investendo in Spagna ad esempio - che provenivano anche dalle estorsioni ad attività commerciali. L’indagine raccontò anche di infiltrazioni nella pubblica amministrazione, come la possibilità di gestire il servizio di sanificazione in epoca Covid, costata il pestaggio di un imprenditore ritenuto concorrente. Gli interessi del sistema paganese erano in parte, legati, anche al gruppo criminale di Giugliano, a sua volta interessato ad espandersi nella zona industriale di Nocera Inferiore e in altri comuni, come Angri, dove il clan fallirà l’agguato contro l’imprenditore Domenico Chiavazzo, che si sarebbe rifiutato di pagare una tangente di 200mila euro.

Le migliaia di carte che ricostruiscono gli interessi del clan comprendono svariati episodi che vanno dal 2019 al 2021, con un unico comune denominatore: assoggettare del tutto l’intera comunità alle proprie decisioni. Sono 46 in tutto gli indagati: per chi è a piede libero vi sarà lo stralcio.

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