Pagani, la latitanza blindata di Confessore: ora è caccia ai protettori

L'ultimo capo dei Fezza-De Vivo ha scelto di nascondersi nel napoletano

Una volante della polizia
Una volante della polizia
di Nicola Sorrentino
Lunedì 28 Agosto 2023, 04:50 - Ultimo agg. 10:16
3 Minuti di Lettura

Tutti i massimi esponenti del clan Fezza-De Vivo di Pagani avrebbero potuto contare su di un appoggio logistico e una rete di persone, finite poi a loro volta nell’indagine dell’Antimafia, per sfuggire al blitz del 2 dicembre. È per questa circostanza che gli investigatori ritengono che lo stesso possa essere accaduto con Vincenzo Confessore, il 45enne di Pagani, arrestato giorni fa a Napoli, all’uscita di un ristorante, dopo oltre otto mesi di latitanza. L’uomo era l’ultima persona che mancava all’appello, dopo le 25 ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip del tribunale di Salerno ed eseguite il 2 dicembre del 2022, da parte di polizia, carabinieri e Guardia di Finanza.

Negli ultimi mesi gli inquirenti hanno dato la caccia a Confessore, sia nel territorio di Pagani, che nel resto dell’Agro nocerino sarnese, così come nella provincia di Napoli. La storia di questa inchiesta lo insegna: al blitz erano sfuggiti tutti i «capi» del clan di Pagani. Dopo circa una decina di giorni, i boss Andrea De Vivo e Francesco Fezza furono arrestati in Irpinia: si scoprì che erano all’interno di un rifugio, nelle disponibilità di un uomo, che sarà poi indagato a piede libero. Ad aprile fu invece la volta di Daniele Confessore, il fratello minore di Vincenzo, scovato in una casa a Cava de’ Tirreni, nella periferia, ospitato da una donna con il figlio.

Le indagini appurarono che il giovane paganese aveva beneficiato di quell’alloggio da tempo: nell’appartamento furono trovati vestiti, soldi e persino una copia degli atti d’indagine.

Il lavoro di monitoraggio per individuare la posizione di Vincenzo Confessore, invece, durava da mesi. Proprio a Pagani, di recente, le forze dell’ordine avevano eseguito più volte diverse perquisizioni, dopo aver raccolto elementi che lasciassero intendere che il latitante si trovasse proprio in quei luoghi, poi attenzionati. Così non era. Ad essere controllate furono anche le abitazioni di alcuni indagati a piede libero, nella medesima inchiesta, ritenuti vicino al 45enne. Quando è stato fermato all’uscita del ristorante a Mergellina, insieme alla moglie, Confessore non ha opposto resistenza. L’ipotesi della Squadra Mobile di Salerno è che l’uomo si sia mosso in territorio napoletano per non dare nell’occhio, convinto di sfuggire a chi invece, in provincia di Salerno, lo conosce bene.

Video

Da capire se abbia potuto contare su appoggi, rifugi ma soprattutto denaro, indispensabile per garantirsi una latitanza così lunga. Non è da escludere nemmeno l’appoggio di clan locali, anche in considerazione della «federazione» che il clan Fezza-De Vivo aveva fatto con il gruppo di Rosario Giugliano, il boss di Poggiomarino. Le indagini proseguiranno anche e soprattutto a Pagani, la roccaforte del gruppo della Lamia, che dal 2019 aveva imposto il suo dominio territoriale in una serie di attività criminali, oggi oggetto del maxi processo in corso a Nocera Inferiore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA