Silvio Berlusconi, dagli esordi come imprenditore fino alla Presidenza del Consiglio (per quattro volte)

di Stefania Piras
Lunedì 12 Giugno 2023, 10:40 - Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 09:16 | 2 Minuti di Lettura

Berlusconi, la discesa in campo: «A Roma tra Fini e Rutelli voterei Fini»

Ma è il biennio 1993-1994 il più interessante perché è la fase in cui l'imprenditore diventa ufficialmente politico e scende in campo. Sono gli anni di Mani pulite, il ciclone giudiziario che spazza via i partiti della Prima Repubblica e che le reti commerciali del Biscione cavalcano con le telecamere fisse davanti alla procura di Milano. Berlusconi fiuta lo spazio politico che si apre. Nel 1993 riceve ad Arcore Mikhail Gorbaciov. E si ricorderà di quella cena vantandosi di avergli spiegato il funzionamento del mercato liberista, come vengono fissati i prezzi in Occidente. Sembra ancora, solo, un potente influencer ma spande senso di responsabilità e si atteggia a statista, pronto al sacrificio: nel frattempo i giornali impazzano già col totonomi dei suoi possibili candidati: da Mike Bongiorno a Gianfranco Funari. «Se le forze moderate non si unissero, allora dovrei assumermi le mie responsabilità», avverte a 57 anni.

Lo sdoganamento della destra

Appoggia il leader del Movimento sociale Gianfranco Fini alle elezioni comunali a Roma. Lui, Fini, ringrazia ma prova ad arginarlo: «Mi auguro che Berlusconi continui a fare il suo mestiere, tanto più che lo fa bene». Perché tutti si sono accorti che gli animal spirits del Cav. (viene nominato Cavaliere nel 1977, titolo a cui dovrà rinunciare dopo la condanna del 2014) conducono alla politica. E infatti, lui, parlando in pubblico si rivolge al suo bacino di elettori, e da uomo di marketing battezza il target: lo chiama blocco moderato, un calderone tutt'ora molto eterogeneo a cui tutt'ora moltissimi ambiscono. «Tra Fini e Rutelli, se fossi a Roma il 5 dicembre voterei certamente per Fini. È un esponente politico che rappresenta bene i valori del blocco moderato nei quali credo: il libero mercato, la libera iniziativa, la libertà di impresa, insomma tutto ciò che va sotto il nome di liberismo. Come imprenditore, oggi vedo questi valori minacciati», disse a Casalecchio di Reno. È già un manifesto politico.

Forza Italia

E poi, all’inizio del 1994 decide che i tempi sono maturi perché possa far lui: fonda un partito con un nome che ricorda più le curve che gli scranni di Montecitorio, Forza Italia, e lo fa con il famoso discorso della “discesa in campo”, quello con la libreria alle spalle. E alle elezioni sbaraglia la gioiosa macchina da guerra della sinistra capeggiata da Achille Occhetto (uscito indenne da Tangentopoli). Berlusconi sente la nuova aria e si offre come leader trasversale per gli elettori orfani dei grandi partiti decapitati dalle inchieste della magistratura. «Il mio miracolo non è tanto quello di aver messo in piedi un’alleanza, ma di aver messo insieme un elettorato», dirà molti anni dopo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA