Max Pezzali a Napoli con Gigi D'Alessio: «Per il Plebiscito canto in dialetto»

«Niente Sanremo, è roba da centometristi che danno tutto in tre minuti: io sono più per la lunga distanza».

Max Pezzali al Napoli con Gigi D'Alessio
Max Pezzali al Napoli con Gigi D'Alessio
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Giovedì 25 Maggio 2023, 11:00
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Doveva essere il 1997. Max Pezzali ricorda: «A Napoli si parlava tanto degli artisti neomelodici, leggevo quello che si scriveva e mi aveva incuriosito un ragazzo, avevo sentito le sue canzoni e mi sembrava un talento evidente, uno che teneva insieme la lezione di Claudio Baglioni con quella della grande canzone napoletana».

Quel ragazzo era Gigi D'Alessio.
«Proprio così: con Pier Paolo Peroni eravamo come ipnotizzati dalle canzoni veraci che lui scriveva, cantava, suonava.

Dalle sue canzoni che univano radici e gusto pop. Era pronto per fare il grande salto sul mercato nazionale».

Avevi avuto naso, insomma.
«Diciamo così, ma non credo ci volesse chissà quale intuito: aveva, ed ha, un modo di muoversi, una consapevolezza del mondo della musica che parla da sola».

Così finisti per cantare con lui al Palapartenope. Che cosa?
«30 canzoni, un pezzo sull'ansia dell'artista che sta per salire sul palco, un'emozione che mi tocca da vicino, ancora oggi».

E «30 canzoni», che poi è una meta-canzone, intonerai anche sabato sera, ospite sul palco in piazza del Plebiscito del secondo - si inizia venerdì, si continua sabato, domenica e poi il 2 e 3 giugno - concertone d'alessiano.
«Sì, se non cambiano idea ci sarò anche io davanti alle telecamere di Raiuno, per riproporre quel brano - e che il pubblico perdoni il mio napoletano - e magari un medley dei miei successi».

Un modo come un altro per avvicinarsi al «Circo Max», il live romano del 2 settembre con cui concluderai un percorso iniziato l'anno scorso a San Siro e passato nei mesi scorsi anche dal PalaSele di Eboli.
«Sarà un megatuffo negli anni Novanta. Per nostalgici, ma non solo. Ci sono ragazzini di 15 anni che riempiono i miei concerti e cantano le mie canzoni, brani che hanno avuto successo ben prima che loro nascessero. C'è la nostalgia diffusa per un tempo passato in cui le cose erano più semplici, in cui ancora l'analogico aveva il sopravvento sul digitale».

Nessuno tornerebbe indietro, ma c'è il rimpianto per un tempo libero che libero più non è.
«Proprio così. È anche l'omaggio del mondo digitale al mondo analogico».

In pieno Circo Massimo?
«Il primo sogno straordinario è stato San Siro. Ora arriva il secondo: dopo che suoni lì puoi smettere il giorno dopo: vale 30 anni di carriera. E c'è la bellezza di poter condividerlo con altri che hanno fatto lunghi pezzi di strada con me: gli Articolo 31 e Paola e Chiara per restare agli anni Novanta, in pieno gioco tra memoria e persistenza della memoria. Poi Colapesce Dimartino, Dargen D'Amico, Lazza, Sangiovanni».

Spazio anche per un dj time con Albertino, Fargetta, Molella, Prezioso.
«L'ho pensato come un festival, sarò sul palco già dal tardo pomeriggio».

Stile «Jova beach party»? L'ospitata al suo fianco ti ha contagiato?
«Non proprio, noi siamo molti più coatti. Io e Mauro Repetto (vedremo se riuscirà a esserci il 2 settembre), 30 anni fa con gli 883, eravamo due ragazzi di provincia, due tipi normali. Non sono un fenomeno e vengo amato per quello».

Chiedo anche a te che effetto ti ha fatto il silenzio a Ferrara di Bruce Springsteen.
«Ognuno va sul palco a raccontare la sua storia. Non ti puoi confrontare con quel livello lì, ma puoi comunque dire la tua, giocare la tua partita. E sul fatto che non abbia detto niente sull'alluvione non lo biasimo, non credo fosse consapevole».

Dopo San Siro e Circo Massimo sei pronto per Sanremo?
«No, è roba da centometristi che danno tutto in tre minuti. Io sono più per la lunga distanza». 

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