Paulo Sousa, il “profeta” portoghese lontano dal 4-3-3

In 16 partite alla guida dei granata, Sousa ha totalizzato 21 punti

Paulo Sousa con Luciano Spalletti
Paulo Sousa con Luciano Spalletti
Eugenio Marottadi Eugenio Marotta
Lunedì 12 Giugno 2023, 08:00 - Ultimo agg. 18:33
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È tornato in Italia per giocarsi una chance in campionato e rigenerarsi dopo un periodo piuttosto opaco della sua carriera di allenatore. E ci è riuscito. Sono bastati quattro mesi a Paulo Sousa per riscattare qualche stagione tra alti e bassi vissuta in passato (con la nazionale Polacca ed il Flamengo) all'estero e balzare agli onori della cronaca per avere traghettato la Salernitana ad una salvezza tranquilla addirittura con tre partite di anticipo. Il tecnico lusitano ha convinto tutti con la cultura del lavoro, le idee, il gioco ed una personalità figlia certamente dei suoi trascorsi da calciatore e da campione che ha vinto tantissimo in carriera (due Champions consecutive con le maglie di Juventus e Borussia).

In sedici partite di campionato alla guida dei granata, Sousa ha totalizzato 21 punti, inanellando qualcosa come 10 risultati utili consecutivi e togliendosi anche lo «sfizio» di ribattezzare la Salernitana come squadra capace di frenare tutte le big.

Non c'è soltanto il pareggio con il Napoli al Maradona (che costrinse gli azzurri a rinviare di qualche giorno la festa scudetto e che probabilmente destò la curiosità di De Laurentiis), ma anche i pareggi con il Milan al Meazza, la Roma all'Olimpico e l'Inter all'Arechi oltre alla vittoria casalinga con l'Atalanta. Sousa però era stato capace di entrare nel cuore dei tifosi salernitani non solo con la forza dei risultati oggettivi ma anche per il carisma ed il trasporto che aveva avuto in questi 4 mesi sulla panchina granata. Il tecnico ha fatto della cultura del lavoro il suo mantra, ha voluto un ufficio nel centro sportivo dove la squadra si allenava ed ha «costretto» i giocatori ad ore ed ore di allenamenti integrativi... al videotape, dopo le canoniche sedute di lavoro sul campo. Il suo canovaccio è stato il 3-4-2-1, rispolverando e rigenerando elementi finiti in naftalina, arrugginiti o dimenticati. L'allenatore ha puntato molto sugli inserimenti delle mezzali (non a caso Candreva è il secondo miglior realizzatore della squadra con sette reti e 5 assist). Le cosiddette transizioni, tanto per intenderci. Nella sua idea di calcio esistono i giocatori «attivi e proattivi». Il primo è quello che si adopera ed è dinamico in campo; il proattivo è quello che è inserito pienamente in un contesto squadra e quindi calibra i propri movimenti in base ai movimenti degli avversari. Sousa non è un integralista, ma è anche vero che il 4-3-3 che vorrebbe De Laurentiis non è certo il suo marchio di fabbrica. C'è da dire che sopratutto quest'anno - a partita in corso - il tecnico lusitano ha spesso cambiato modulo, passando alla difesa a «4» e addirittura varando una squadra anche spudoratamente a trazione anteriore. Ma erano le evoluzioni tattiche di una partita figlie anche delle esigenze e del risultato del momento. Tant'è.

Il tecnico aveva fatto breccia a Salerno anche per un'innata capacità mediatica: emblematiche le volte in cui aveva chiamato dei bambini dalla curva per fare i raccattapalle durante un allenamento all'Arechi. Basti pensare che in un recente incontro in un liceo in città era stato accolto come una star, parlando come un «salernitano purosangue». Da ieri il feeling si è improvvisamente interrotto. 

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