Spalletti via da Napoli: ​«Se uno non è più convinto...»

De Laurentiis avrebbe voluto riaprire il discorso ma il tecnico: «Tutto definito»

Luciano Spalletti alla fine del match Napoli-Inter
Luciano Spalletti alla fine del match Napoli-Inter
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Domenica 21 Maggio 2023, 23:02 - Ultimo agg. 22 Maggio, 14:03
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Forse è una storia romantica, forse è solo una storia triste. Forse è umana, o magari incomprensibile. «È tutto deciso, abbiamo solo scelto di aspettarlo per dirlo. Tutto è definito, è una decisione che viene da lontano». È un addio, anche se si fa fatica a pronunciare questa parola. Se ne va, Luciano Spalletti, l’allenatore dello scudetto. Sembra tutto chiaro. Non lo dice ancora, forse ha un nodo in gola. Ma prende, saluta e va via. Le sue sono parole (e non parole) chiare. Perché se avesse deciso di restare, non ci sarebbe bisogno di fare tutti questi misteri. Una storia al capolinea.

«Non sto aspettando niente. È tutto definito. C’è solo da dirlo, abbiamo solo convenuto di aspettare a dirlo. Non c’è stata trattativa, non devo farla. È tutto fatto, siamo d’accordo su ogni cosa». Non ci sono margini, almeno così fa intende. Anche se Aurelio De Laurentiis ancora non ci crede, ancora è convinto che qualcosa si possa fare. «Non si cambia idea tutti i giorni, ormai la scelta è stata fatta, è definita e viene da lontano.

Non è uno screzio, non è una situazione casuale. Uno matura delle robe stando dentro al lavoro dalla mattina alla sera, si maturano delle cose... Se non sei tanto convinto di poter mettere a disposizione quello che uno merita, giusto fare dei ragionamenti. E si arriva alla conclusione. E poi si va di lì, per quella strada. Non è piovuta addosso». Palleggia ancora con le parole, è fatto così. 

Tutto ormai appare chiaro, lo era da gennaio quando a domande precise rimbalzava le risposte come se fosse davanti un muro di gomma. Seccato, infastidito. Lucianone non dà più scampo a De Laurentiis, non intende concedergli un’altra possibilità: il presidente ci ha provato ancora negli ultimi giorni a tendergli la mano, a tentare un’intesa disperata, a ricucire, un armistizio per andare avanti con il tecnico dello scudetto. No, non ci sono margini: sceglie la sera della vittoria con l’Inter per iniziare a uscire allo scoperto, per mettere De Laurentiis spalle al muro, visto che invece il patron manda un altro tipo di segnale. «Non si prendono delle decisioni sulla base di uno screzio», spiega anche per far cessare la ricerca del “casus belli”. 

Vive a Castel Volturno, da eremita, dal mese di novembre: e lì che torna ogni sera, dopo qualche cena con i pochi amici che ha, in città. È una notte amara, piena di tristezza. «Di Lorenzo è venuto ad abbracciarmi perché in tutti gli allenamenti gli chiedevo sempre per fare un po’ scena e questa volta mi ha accontentato», spiega nell’unico momento di leggerezza. Sono due anni che è qui, anche la sua voce tradisce il momento. L’ora dei saluti si avvicina. E De Laurentiis non potrà fare nulla. Si metta l’animo in pace. «Bravi, sono fiero di voi, per questa vittoria, per questa stagione», dice il presidente che si fa vedere nello spogliatoio dopo la rimonta. È al settimo cielo. La vittoria dell’Inter gli regala euforia. E poco importa se Spalletti gli manda solo segnali di chiusura. Ha provato a riaprire il discorso, il patron, anche nelle ore prima la gara con l’Inter, tentando di dare appuntamento ai prossimi giorni per un altro incontro. Ma di là ormai c’è un muro, altissimo. Una cortina di ferro. Una distanza che Luciano non intende colmare, non ne ha intenzione. A lui il peso dell’addio, è lui che sbatte la porta. Nessun passo verso il Napoli: ha deciso, ormai appare evidente. Se ne va. De Laurentiis ormai, dopo la cautela dei giorni scorsi, da oggi inizierà a farsene una ragione. E comincerà a pensare al futuro: Italiano o Thiago Motta, le scelte più semplici. Ma anche Conte lo intriga. Ma è presto, anche se nel 2018 Sarri disse molto di meno per ritrovarsi Ancelotti nella sede della Filmauro. Parla alla squadra, il patron, per qualche minuto dopo il 90’, dopo essere passato anche prima del match per un saluto. 

 

Sembra Jep Gambardella, il personaggio della “Grande Bellezza” che rovinava le feste. Non ha bisogno di vie di fuga. «Facile stare al mio posto, con la gente che ti sommerge di amore in ogni istante». Eppure lui che è il protagonista numero uno di questa impresa, di questo momento straordinario, ora si prende il lusso di mandare tutto in tilt. La gente lo acclama, ma è definita ogni cosa. Nella sua testa. Perché il cuore tace. La faccenda è definita oramai, non lo nasconde più. Ma il suo silenzio sull’argomento era la risposta da mesi. Perché non dire “resto, ho un contratto?”. Non lo ha mai fatto. Già c’è la vittoria con l’Inter: «Volevamo batterli e giocare di nuovo come sappiamo fare noi. Il futuro? La squadra è stata costruita bene dal presidente. È un corpo unico, c’è tanto cuore, autostima che fa la differenza». Poi si regala l’ultimo lusso. Si è stufato pure di un’altra faccenda. «Il possesso palla conta. Conta, perché se li fai sbattere a destra e sinistra e gli fai sprecare energia prima o poi l’errore lo fanno. Il calcio non è facile, è facilissimo se fai un calcio di attesa, non c’è da scalare, c’è da star fermi. A me questo calcio non piace». L’ultima lezione. 

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