“Se solo il mio cuore fosse pietra”, Titti Marrone inaugura ”Aspettando il festival” di Capua

La giornalista del Mattino presente con il libro vincitore del Premio Napoli Narrativa

Titti Marrone
Titti Marrone
di Mariamichela Formisano
Domenica 26 Marzo 2023, 18:45 - Ultimo agg. 19:22
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È una storia vera quella raccontata in forma di romanzo da Titti Marrone in "Se solo il mio cuore fosse pietra", il libro edito da Feltrinelli che ha meritato il premio Napoli sezione narrativa 2022. «Un premio che per me è come per il Napoli vincere uno scudetto - ha commentato la giornalista da oltre quarant'anni anni firma di qualità per il quotidiano Il Mattino - non solo per il valore e il prestigio del premio stesso ma anche per essermene occupata per anni mettendo in pagina i servizi sui vincitori. E mai avrei immaginato che un giorno l'avrei vinto io, per giunta nell'anno in cui il premio è stato dedicato alla memoria di Raffaele La Capria, persona  a me carissima oltre che collaboratore de Il Mattino negli anni in cui io ricoprivo il ruolo di responsabile della sezione dedicata alla Cultura».

Ed è stato il direttore de Il Mattino Francesco de Core ad affiancare Titti Marrone nell'incontro che ieri, al Circolo dei Lettori di Capua – Cose d’Interni Libri,  ha inaugurato il calendario degli appuntamenti di "Aspettando il festival" che da qui a maggio introdurranno la diciottesima edizione del Capua il Luogo della Lingua, il festival letterario più longevo della provincia di Caserta che, con la direzione artistica di Giuseppe Bellone e  promosso dall’associazione Architempo, si ispira al  “Placito Capuano”, primo documento scritto del volgare italiano e che vede nella Capua Longobarda del 960 la sua genesi.

Un festival che dal 2005 declina la scrittura, asse portante del festival, attraverso le sue variegate forme d’arte e che dal 2020 è il soggetto coordinatore del Patto per la Lettura per Capua, riconosciuta dal Ministero della Cultura Città che Legge.

"Se solo il mio cuore fosse pietra" racconta di bambini e di guerra, di sopravvissuti alla Shoah ma non al dolore, lo stesso che oggi rende vessillo di crudeltà i bambini del conflitto russo-ucraino. Una storia che ne racchiude in sé altre venticinque, quanti sono i bambini provenienti dai campi di sterminio o da orfanatrofi, da nascondigli in conventi o soffitte,  accolti in una casa di campagna alla periferia di Londra e ricondotti alla vita da una equipe di psicologi, psicanalisti e psicoterapeuti guidati da Alice Goldberger sotto la supervisione di Anna Freud, figlia del grande Sigmund. Una storia che mette in evidenza l'importanza della cura e dell’accudimento umano per gli scampati alla Shoah ma non al calvario di traumi e ricordi dolorosi da affrontare da quel 27 gennaio del 1945, e trascinare in seconde vite private di un lieto fine.

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«Ad un certo punto quei bambini - spiega Titti Marrone - individuarono in una nuova lingua, l'inglese, la forma di comunicazione condivisa che permetteva loro di voltare pagina rispetto ad un passato da dimenticare. Un simbolico che rimarca il valore imprescindibile della lingua, quella che cura e della quale occorre prendersi cura. Così come da diciotto edizioni fa il festival di Capua al quale partecipiamo con piacere e che ci coinvolge in un impegno importante». 

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