Il sorriso di un attore: Napoli ricorda Mario Scarpetta a settant'anni dalla nascita

Lunedì 4 dicembre da Madalù eventi una mostra di Pino Miraglia e le testimonianze della moglie Maria Basile Scarpetta, di Giulio Baffi, Gianni Pinto, Francesco Saponaro e altri amici ed esponenti della scena teatrale

Il sorriso di un attore: Napoli ricorda Mario Scarpetta a settant'anni dalla nascita
di Donatella Trotta
Sabato 2 Dicembre 2023, 16:49
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Il ricordo del sorriso, mite e contagioso, di un attore. A settant’anni esatti dalla sua nascita. Per ripercorrere la traiettoria umana, artistica e professionale di un esponente della dinastia teatrale più significativa e longeva d’Italia purtroppo prematuramente uscito di scena, il 14 novembre 2004, ad appena 51 anni. Una memoria attiva negli scatti fotografici di Pino Miraglia e nelle testimonianze del suo produttore storico Gianni Pinto, di un decano dei critici come Giulio Baffi, di un regista, Francesco Saponaro, e di chi gli è stato particolarmente vicino: dalla vedova Maria Basile Scarpetta ad amici e gente di teatro. Sono gli elementi di una iniziativa organizzata dall’Associazione Prospet (Promozione Spettacolo) per commemorare Mario Scarpetta, pronipote di Eduardo Scarpetta (il padre naturale dei fratelli De Filippo), nipote di Vincenzo Scarpetta, mito della scena, e figlio di un altro Eduardo, ufficiale dell’Aeronautica che alle luci della ribalta ha però preferito la carriera militare. L’evento è in programma lunedì 4 dicembre (data della nascita dell’attore a Roma, nel 1953) da Madalù Eventi, alle ore 21 (in via Ferrante Loffredo n. 15, nelle adiacenze di piazza Nazionale).

Per l’occasione, verrà inaugurata la mostra «Il sorriso e l’attore», curata da Pino Miraglia, ad accompagnare il ricordo di chi ha condiviso il percorso di Mario Scarpetta dagli esordi fino alla morte improvvisa all’ospedale Pellegrini di Napoli, dove era stato ricoverato per un malore proprio pochi giorni prima di un intervento chirurgico previsto in una clinica tedesca per la rimozione di un tumore alle corde vocali. Un destino beffardo e crudele. Che ha strappato ai suoi affetti e alla scena teatrale, ma anche al mondo del cinema e della televisione, un artista che, pur avendo dato tantissimo sulle scene, di fatto non ebbe altrettanto in cambio, come dichiarò una volta Luigi De Filippo a Lina Wertmüller: «Mario meritava molto di più nella vita». Lo ricorda, commosso, Gianni Pinto, a lungo produttore di Scarpetta e attuale presidente del Teatro Trianon Viviani: «Conobbi Mario circa quarantaquattro anni fa – afferma -. Era il settembre del 1979 e nel Maschio Angioino veniva rappresentata Festa di Piedigrotta di Raffaele Viviani, per la regia di Roberto De Simone, in cui Mario recitava nel ruolo di Cusemiello, il capo dei Bazzarioti». Un talento innato. Perché “buon sangue non mente”. E perché malgrado la scelta lavorativa divergente del padre, per tutta l’infanzia e l’adolescenza Mario Scarpetta ha respirato aria di teatro: nella casa dove viveva, densa di riferimenti, echi continui e immagini legate alle scene; inoltre, nello stesso palazzo degli Scarpetta, in via Vittoria Colonna, viveva pure Vittorio Viviani, figlio di Raffaele e grande storico di teatro, che aveva sposato la zia di Mario, Dora Scarpetta.

Così, dopo aver conseguito il diploma di maturità al liceo Umberto di Napoli, Mario si iscrive alla facoltà di Chimica, avviandosi verso il normale iter universitario. Ma abbandona gli studi per il teatro nel 1972: quando esordisce come comparsa nella compagnia dello zio Eduardo De Filippo nello spettacolo Le bugie con le gambe lunghe. Progressivamente, fino al 1975 Eduardo gli affida parti di sempre maggiore rilievo, intuendo la sua grande inclinazione per la scena teatrale e il suo malcelato valore di interprete. Poi, nel “cuore” dell’Estate a Napoli, Mario Scarpetta informa Gianni Pinto  della decisione di dare vita a una sua compagnia teatrale dopo l’esperienza, durata cinque anni, con Eduardo. Continua Pinto: «Nella stagione 1979/1980, a soli 26 anni, Mario allestì la sua prima Scarpettiana al teatro Cilea di Napoli, rappresentando Tre pecore viziose, Il Medico dei pazzi e ‘O scarfalietto, con artisti come Dolores Palumbo, Geppino Anatrelli, Tullio Del Matto e Maria Basile. E da quel momento iniziò la nostra collaborazione, durata 25 anni. Cinque lustri durante i quali non poco abbiamo lottato insieme per raggiungere l’obiettivo di un meritato apprezzamento: anche e soprattutto nella nostra Napoli, dove avrebbe dovuto ricevere, quale degno erede di una grande famiglia di teatro, i giusti riconoscimenti per il suo instancabile lavoro e una maggiore attenzione da parte di tutti», aggiunge con una punta di amarezza. Ma la malinconia si stempera in un sorriso, quando Pinto ricorda altre tappe di un’amicizia e di un sodalizio professionale che tra i fiori all’occhiello annovera allestimenti di grande successo, per esempio al festival di Edimburgo del 1988. Ribalta internazionale dopo aver vissuto, fra il resto, un ciclo scarpettiano con Eduardo, varie esperienze con Armando Pugliese e Roberto De Simone, condivisioni del palcoscenico con altri colleghi grandi attori (da Paolo Stoppa a Isa Danieli, da Lina Sastri, a Tommaso Bianco e Marina Confalone) e l’avventura della sua compagnia che guida anche da regista (e dove conosce la moglie Maria Basile, che gli darà due figli, Carolina ed Eduardo).

Un percorso ricco di tante esperienze e collaborazioni. Dentro ma anche fuori del “teatro di famiglia” (Scarpetta, Eduardo e Peppino) per cimentarsi, e sempre con grande successo, con testi di Viviani, Santanelli, Satta Flores, Beckett, Marivaux, Marotta, De Simone, Curcio, Wertmuller, Zoščenko, Gogol’ e Čechov, o  lavorando con artisti come Carlo Giuffré, Luca De Filippo, Mario Martone, Toni Servillo, Nello Mascia, oppure interpretando anche proprî testi e rielaborazioni (per esempio La Banda degli onesti e Come la serva diventò padrona). Una vita, pur se troppo breve, che l’evento in ricordo di Mario Scarpetta restituirà alla città. Con un sorriso. Lo spiega, nella sua testimonianza, ancora Gianni Pinto: «Ricordo che Mario – afferma - si mostrò molto sorpreso del mio interesse per il Teatro scarpettiano. Mi disse: ho sempre pensato che questo mondo fosse lontano dai tuoi pensieri, ti vedo impegnato con programmi dell’Estate a Napoli che sono tanto lontani dal teatro che io amo…. E io gli replicai: stiamo tentando, con Maurizio Valenzi, di sprovincializzare la vita culturale e spettacolare della città, portando finalmente spettacoli da ogni parte del mondo e anche dall’Italia, che prima di ora si fermavano a Roma; ciò non significa che non abbiamo amore per il nostro grande teatro di tradizione. E così iniziò il nostro percorso, che ci portò a mettere in scena i lavori noti del bisnonno Eduardo, ma anche quelli meno noti, come Il testamento di Parasacco, L’amico di papà, Nu brutto difetto, Mettiteve a ffa’ l’ammore cu mme, Felice sposo Feliciella e Felicella».

Testi che aspiravano a divertire, con un sorriso, appunto, il "rispettabile pubblico".

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