82 anni, fa il giardiniere volontario per amore di Napoli: «È la città più bella del mondo»

82 anni, fa il giardiniere volontario per amore di Napoli: «È la città più bella del mondo»
di Paolo Barbuto
Martedì 17 Marzo 2015, 20:26 - Ultimo agg. 18 Marzo, 16:34
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Ha occhi vispi e spirito da diciottenne, solo il fisico tradisce i patimenti di una vita vissuta in mezzo al mare, a bordo dei mercantili e, prima ancora, delle navi da crociera. Giacomino Fontanel, 82 anni, è andato in pensione da capitano e da quel giorno il grado è diventato parte integrante del suo nome: «Capitano Giacomino Fontanel», dice guardandoti fisso negli occhi e stringendo la mano in modo vigoroso.

Il capitano è una di quelle persone che raramente s’incontrano: è un galantuomo d’altri tempi al quale i giorni sul mare hanno regalato la tenacia, quelli sulla terraferma l’amore per la città che l’ha adottato, Napoli. Così questa persona unica, un po’ piegata dall’età, ha deciso di regalare il suo impegno e gli ultimi brandelli della sua forza fisica, alla città «più bella e viva che abbia mai visto. E sappia che il mondo l’ho girato in lungo e in largo».

Ogni mattina Giacomino mette in un angolo i suoi 82 anni, prende vanga e zappa e va a prendersi cura dell’aiuola che si trova davanti al viale dell’aeroporto di Capodichino, lo fa come volontario, perché quell’aiuola l’ha adottata un giorno in cui si rese conto che lì davanti passavano migliaia di turisti appena sbarcati a Napoli, e quei turisti si scontravano con un mucchio di rovi e di immondizia.

Oggi, invece, la gente che esce da viale Fulco Ruffo di Calabria s’imbatte in un piccolo gioiello costruito con la passione.

A Natale c’è l’albero, di questi tempi c’è solo il verde ben curato: «Ma fra poco già inizieranno a sbocciare i fiori - dice con un entusiasmo travolgente - qui sarà un trionfo di colori. Ho anche preparato un’aiuola a forma di stella che quando fiorirà sarà uno spettacolo».

Il capitano, per adesso, stringe fra le mani solo un rastrello. Tutti gli altri attrezzi da giardino sono stati rubati una notte di qualche settimana fa: «Ma non mi arrendo - dice con voce fiera da marinaio - sto andando a ricomprarmeli uno a uno e proseguo. Io sono uno che la parola la mantiene, sempre. Ho promesso che avrei curato questo spazio e lo farò ad ogni costo».

Il capitano vive a due passi dalla sua aiuola, ha tre figli («tutti sistemati»), Nadia, Flavio e Guido, solo l’ultimo è rimasto a Napoli. In questa città c’è arrivato per raggiungere l’unico, grande, amore della sua vita, Concetta che se n’è andata qualche anno fa dopo oltre cinquant’anni di matrimonio: «Titina mia...», la voce diventa un soffio e gli occhi, per la prima e unica volta, si velano di nostalgia. Forse è proprio per la sua Concetta che quest’uomo, nato a Ponza e vissuto più a mare che a terra, ha voluto rendere più bella Napoli.

All’inizio il capitano aveva deciso che le aiuole di tutto il quartiere Doganella andavano adottate. Nei parlò con gli anziani del circolo che frequentava: «Ma i miei vecchietti, perché loro sono vecchietti, io no - sorride - mi dissero che non ne avevano voglia. ”Abbiamo lavorato tutta una vita e adesso dobbiamo continuare a lavorare senza avere in cambio nulla?”, mi risposero». Per il capitano quello fu un affronto, decise di lasciare il circolo dei «vecchietti» e di aggregarsi a un gruppo di ragazzi attivi del quartiere, ma non abbandonò il progetto dell’aiuola ed è riuscito a diventarne il custode.

Qui, nella zona dell’aeroporto e in tutto il quartiere, è diventato un punto di riferimento. Di buon mattino va a prendersi cura del verde, poi sveste i panni del giardiniere e indossa quelli della vedetta del territorio. Percorre quante più strade riesce a seguire con il suo passo lento ma solido e prende nota del degrado: i luoghi dove c’è immondizia ammassata, le strade che hanno buche pericolose, gli incroci dove è difficile attraversare: «Ma non ho bisogno di usare carta e penna per prendere appunti. Io segno tutto qui (e indica la testa). Questa funziona ancora bene e mi aiuta a fare il mio dovere». Il dovere del capitano è quello, una volta tornato a casa, di segnalare i problemi a chi di competenza: telefona all’Asìa e chiede che venga rimossa la spazzatura, chiama il Comune per segnalare le buche, si rivolge alla polizia municipale per dare indicazioni sui pericoli della strada. «E non smetto di telefonare fino a che le cose non tornano a posto», racconta con orgoglio e con un sorriso. Sa di essere un rompiscatole ma sa pure che senza l’intervento di un rompiscatole nessuno andrebbe a cancellare i segni del degrado.

Trascorrere un’ora assieme al capitano, che non smette di lavorare nell’aiuola, è come entrare in un romanzo. Il capitano Fontanel sa essere affascinante narratore: con la stessa enfasi ti porta in Libia dove il papà venne ferito in guerra, poi torna alle buche stradali della Doganella; ti catapulta al Capo di Buona Speranza assieme a un albatros che seguiva la sua nave, poi ti racconta che la pensilina alla fermata del bus l’ha ottenuta lui a colpi di telefonate.

Quando arriva la domanda fatale, l’ultima mentre gli stringi la mano, la risposta è fulminante. Capitano, ma perché fa tutto questo? Gli occhi si sgranano increduli «C’è bisogno di spiegarlo? Questa è la città più bella del mondo, io lo so da sempre. Solo che non tutti lo sanno. Bisogna farlo capire ai turisti... e anche a tanti napoletani».

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