Crollo nel cimitero di Poggioreale, la maxi perizia: «Cantiere non impermeabilizzato»

Agli atti la relazione sui lavori per la realizzazione del metrò, il consulente dei pm: valutazioni errate

Crollo nel cimitero di Poggioreale
Crollo nel cimitero di Poggioreale
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Giovedì 2 Novembre 2023, 23:39 - Ultimo agg. 4 Novembre, 17:51
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Non c’entra il progetto, né la realizzazione dei lavori. No, a provocare il crollo che ha inghiottito una parte del cimitero monumentale di Poggioreale, sono state le «tecniche di consolidamento del territorio» destinato ad ospitare il cantiere della metropolitana. Lo hanno scritto in due consulenti della Procura, gli ingegneri Nicola Augenti e Paolo Grazioso, nel corso delle indagini che puntano a fare chiarezza sulle cause del crollo avvenuto all’alba del 4 gennaio del 2022.

Ricordate la scena? Un miracolo sotto alcuni punti di vista, dal momento che la voragine si aprì in un orario in cui non c’erano utenti all’interno del complesso monumentale cimiteriale. Un evento non privo di conseguenze drammatiche, come emerge dalle condizioni in cui versano cappelle votive, bare, intere aree del camposanto napoletano. A distanza di meno di due anni dalla voragine di Poggioreale, è possibile anticipare le conclusioni investigative, alla luce della perizia depositata dalla Procura di Napoli e resa nota alle parti. Inchiesta condotta dai pm Federica D’Amodio e Giuseppe Tittaferrante, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Simona Di Monte, ipotesi di crollo colposo.

Venti indagati, riflettori puntati su esecutori dei lavori e responsabili del cantiere della stazione metro di Poggioreale, un’opera che punta a collegare in pochi minuti la zona della stazione centrale con l’aeroporto di Capodichino. 

Stando alle conclusioni dei periti, non è possibile affermare che la responsabilità del crollo vada ricercata «in una esecuzione non conforme del progetto». Anzi: sia il progetto, che l’esecuzione dei lavori, ma anche i materiali utilizzati, sembrano essere adeguati agli impegni di spesa e all’importanza dell’opera da realizzare. Tutto in regola, dicono i periti. Diversa invece è la valutazione da parte dei due consulenti a proposito dei «lavori di bancamento», che avrebbero dovuto garantire su ampia scala la impermeabilizzazione dell’intero territorio che ospitava il cantiere. Come è noto fu una fuoriuscita di acqua a provocare l’allagamento e il crollo di una parte di cantiere. Ma seguiamo il ragionamento dei due ingegneri: «Le cause del crollo sono da attribuire alla particolare tecnica di consolidamento che, nonostante tutte le precauzioni adottate in fase progettuale e dei molteplici controlli eseguiti in corso di opera, non è riuscita a garantire puntualmente l’impermeabilità del terreno».

Già, il terreno: andava consolidato mediante le colonne di jet grouting, una tecnica che avrebbe bloccato il flusso di acqua. E ancora: «Le indagini condotte in prossimità della zona del crollo hanno evidenziato come, all’interno dell’ammasso di terreno trattato con gettiniezione, si era verificata una via di acqua molto circoscritta, nelle dimensioni volumetriche e nella morfologia. Per un’opera delle dimensioni di quella in oggetto, i controlli periodici e le precauzioni assunte non potevano essere di carattere “puntuale”, ma dovevano essere necessariamente effettuate su una scala maggiore». Stando alla ricostruzione fatta dai consulenti della Procura, erano stati realizzati dei test su fette di terreno che evidentemente avevano lasciato ben sperare. Una valutazione che ha fatto poi i conti con quanto avvenuto i primi giorni di gennaio del 2022. 

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Una vicenda che ora attende le prossime mosse della Procura che, alla luce delle conclusioni del perito, avrà modo di sfrondare eventuali posizioni rispetto agli indagati della prima ora. A scorrere la lista dei nomi, c’è l’ex presidente del Cda della Metropolitana di Napoli spa (società concessionaria dell’appalto), alcuni vertici dello staff tecnico, una funzionaria comunale (che è assistita dal penalista napoletano Marco Campora), progettisti e responsabili dei lavori (assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Orazio e Giovanni De Bernardo). Inchiesta condotta dai carabinieri del comando provinciale di Napoli, agli ordini del comandante Enrico Scandone, che hanno passato al setaccio le attività del cantiere, i diari di giorno, le sommarie informazioni rese dai testimoni ascoltati nel corso di questi mesi.  

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