«Dalle sartine ai pizzaioli, ecco la buona periferia: è qui la nostra resistenza»

Da Scampia al Parco Verde di Caivano, storie di resistenza e modelli virtuosi

Da Scampia al Parco Verde di Caivano, storie di resistenza e modelli virtuosi
Da Scampia al Parco Verde di Caivano, storie di resistenza e modelli virtuosi
di Giuliana Covella
Sabato 9 Settembre 2023, 10:00 - Ultimo agg. 10 Settembre, 08:25
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Dalle borse e gli accessori realizzati dalle giovani sarte di “Fatto a Scampìa” seguite dalla Fondazione Città Nuova, alle 13 squadre di calcio dell'Oratorio Don Guanella, dove ogni giorno ai minori a rischio si dà anche la possibilità di imparare un mestiere come quello del pizzaiolo. Due esempi positivi, due modelli virtuosi che provengono da una realtà difficile come Scampìa, ma che potrebbero o meglio sono di fatto uno sprone per la rinascita di zone degradate come il Parco Verde di Caivano. Nasce dal quartiere dell'area nord il riscatto possibile, quello che a tutti gli effetti è diventato con anni di duro lavoro, impegno e sacrificio dei suoi protagonisti - dai bambini che tirano calci ad un pallone ai ragazzi che imparano a fare l'impasto per la pizza, alle ex adolescenti che avevano abbandonato la scuola e oggi sono diventate imprenditrici - un modello da seguire per un'altra periferia, quella che poche settimane fa è venuta alla ribalta per la violenza subita da due cuginette. Un modello che vuole essere lo strumento per ridisegnare il volto delle periferie degradate di Napoli e del suo hinterland, come scrivono le sarte di Scampìa nella lettera aperta inviata alla premier Giorgia Meloni, all'indomani della sua visita a Caivano. 

Una scuola di mestieri nei quartieri a rischio come il Parco Verde: è la proposta che le donne della sartoria sociale di Scampìa lanciano in una lettera indirizzata alla presidente del Consiglio. A firmarla sono Giovanna Emily Antonucci, Carmela Arcone, Fabiana Balzamo, Claudia Casaburi, Alessia De Cicco, Alessia Guerra, Naomi Guerra, Chiara Manna, Elda Emanuela Napoli, Angelina Palumbo, Mashia Paolillo, Raffaella Petricelli e Marianna Zampella, che propongono il loro modello imprenditoriale per il riscatto di Caivano. «Abbiamo apprezzato molto la sua venuta in quel quartiere, perché è un segnale forte di vicinanza per quelli che vogliono riscattarsi da una realtà difficile», si legge nell'incipit della lettera alla premier firmata insieme alla loro coordinatrice Anna Florido e a Roberto Sanseverino, presidente della Fondazione Città Nuova con cui nel 2022 è nata l'impresa in rosa in un bene confiscato alla camorra, grazie al progetto “I Quartieri dell'Innovazione”, finanziato dal Pon Metro attraverso il Comune di Napoli. «Il Parco Verde, le vele di Scampìa, il rione dei Puffi, Corviale, lo Zen sono quartieri che hanno un comune denominatore - scrivono le imprenditrici - sono enclave di un mondo che troppo spesso non conosce le regole della società civile, dove la realtà è fatta di soprusi e codici non scritti, ma che in quei contesti hanno più forza delle leggi». «Le raccontiamo la nostra storia - continuano rivolgendosi a Meloni - perché la strada per la legalità e la crescita di un territorio passa dalla speranza di assicurare un futuro ai tanti giovani che aspettano solo un'occasione». 

La soluzione per le giovani sarte è «costruire un cambio di mentalità e questo si realizza solo con l'impegno quotidiano e la consapevolezza del sacrificio».

Modello da emulare dunque è quello dell'impresa in rosa nata nel quartiere dell'area nord: «Cinque anni fa 15 ragazze di Scampìa, con storie difficili e di abbandono scolastico, hanno avuto la possibilità di partecipare a un corso di Istruzione e formazione professionale della Regione Campania, per quattro anni hanno imparato un mestiere e oggi hanno realizzato una sartoria sociale. Sono rimaste lì a lavorare e a mostrare a tutti che il sacrificio alla fine premia, che c'è chi può darti fiducia, che si può vivere nella legalità e che il lavoro è portatore di legalità», è l'appello che rivolgono alla numero uno di Palazzo Chigi. Poi la proposta: «non ha bisogno di grandi investimenti ma di tanta buona volontà. Una scuola di mestieri nei quartieri a rischio per 100 ragazzi all'anno, per cinque anni in cui loro stessi possano costruirsi il futuro. Nel frattempo ci sono altre 20 ragazze che vogliono diventare estetiste con un corso Iefp, ma che non possono seguire il percorso che abbiamo fatto noi per mancanza di fondi. Non possiamo spegnere i nostri sogni e quelli di altre che aspettano solo di volare verso il lavoro e una vita più dignitosa». Infine l'invito alla premier: «L'aspettiamo a Scampìa per consegnarle una delle nostre borse e farle vedere cosa abbiamo costruito». 

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Tredici categorie per la scuola calcio dell'oratorio e un laboratorio di pizzeria giunto alla settima edizione per i ragazzi di Scampìa e dei quartieri limitrofi. Sono gli antidoti alla delinquenza giovanile che nella sede dell'Opera Don Guanella guidata dal padre Superiore don Pino Venerito rappresentano un altro modello virtuoso di educazione per i giovani. Per il parroco don Aniello Manganiello tutto parte dal sacrificio: «Insieme ai gruppi di pre-adolescenti e adolescenti quest'estate abbiamo partecipato a due campi scuola nelle Marche. Un giorno eravamo reduci da 25 chilometri a piedi e quello ha fatto capire a ragazzi dai 13 ai 18 anni cosa vuol dire l'impegno anche a costo di fatica e sacrifici». Ma è soprattutto il calcio che ha permesso ai giovani del Don Guanella di diventare un modello, oltre che un attrattore per altre realtà: «Ogni giorno da Scampìa, da Miano, da Secondigliano e da Melito - dice don Aniello - arrivano ragazzi che sottraiamo ai pericoli della strada, perché noi intendiamo il calcio come strumento per veicolare valori e messaggi positivi. E lo facciamo attraverso uno sport che a loro piace, nel solco della lezione di Don Bosco, portandoli ad entrare nel mondo di valori come legalità, rispetto, condivisione». Ma ogni pomeriggio prima di entrare nel terreno di gioco c'è un'altra lezione che padre Manganiello impartisce ai giovani calciatori: «Convoco le squadre di tutte e 13 le categorie e cerco di sensibilizzarli sull'uso dei social, del cellulare, sul linguaggio più idoneo, sull'impegno scolastico e lo studio pomeridiano. E se c'è bisogno di intervenire con mezzi coercitivi come la sospensione dal campo». Grazie all'associazione un'altra chance viene dal laboratorio di pizzeria, nato nel 2016 dall'esigenza di fornire ai ragazzi, ormai fuori dal circuito scolastico e formativo, competenze specifiche da spendere sul mercato del lavoro. «Si tratta di un percorso che dà concrete prospettive di occupazione sia in Italia che all'estero ai giovani partecipanti - sottolinea don Aniello - quest'anno inoltre l'associazione ci ha sostenuti finanziando i lavori di ristrutturazione». 

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