La scuola privata in Italia è libera ma «senza oneri per lo Stato». Il divieto costituzionale, però, potrebbe cadere una volta introdotti in Italia i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni relativi all’Istruzione. Ad aprire la strada è il Comitato Lep nominato dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli e presieduto da Sabino Cassese, il quale ha messo nero su bianco una articolata riflessione in punta di diritto, per il momento a uso interno, in base alla quale la parità scolastica merita il riconoscimento di numerosi livelli essenziali di prestazione e, se ne deduce, il loro finanziamento statale.
Un orientamento che farà discutere, come altre scelte del Clep: dalla tesi che in Sanità non servono ulteriori Lep perché già è tutto previsto dai Lea, all’idea che la Protezione civile non richieda Lep perché si avvale di reti di volontari, all’intenzione di escludere dai livelli essenziali delle prestazioni il servizio ferroviario di media e lunga percorrenza perché secondo il Clep - incredibile ma vero - l’unico diritto che i cittadini-utenti hanno è organizzarsi «in forma imprenditoriale acquisendo i requisiti prescritti per ottenere la necessaria licenza» ferroviaria per far circolare da soli un treno.
Ma torniamo alla scuola, i cui lavori sono stati affidati al Sottogruppo 3, forte di ben nove componenti, che ha come relatore il costituzionalista Giovanni Guzzetta. In alcuni casi, come sull’assunzione degli insegnanti se necessariamente statale oppure regionalizzabile, i nove si sono trovati in disaccordo e hanno deciso di «approfondire ulteriormente». Il loro lavoro - che non cita mai il tema dei divari territoriali, neppure sul tempo pieno alla primaria - parte dalla premessa che dovranno effettuare una ricognizione solo «nell’ambito degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente», limite di cui però non terranno conto. I nove toccano il tema sempre caldo degli asili nido, arrivando alla conclusione che il Lep del 33% dei posti per la fascia di età 3-36 mesi previsto per legge dal 2022 e da raggiungere entro il 2027, già finanziato comune per comune, non è un Lep «determinato», per cui servirebbe ancora «una puntuale innovazione normativa» cui sta lavorando la ministra per la Famiglia Eugenia Maria Roccella. Un paradosso: il Comitato cui tocca la ricognizione dei Lep nega l’esistenza del solo Lep esistente, introdotto da Mara Carfagna, determinato per legge e regolarmente finanziato in legge di Bilancio.
Poi si arriva al punto cruciale della «parità scolastica».
Cosa può accadere in concreto con i Lep applicati alle scuole private? Un caso interessante è quello delle palestre scolastiche, che oggi sono presenti solo in alcune scuole, sia pubbliche sia private. L’educazione sportiva sta per entrare in Costituzione, proprio all’articolo 33, quello sull’istruzione. Ciò fa della presenza di una palestra un vero e proprio livello essenziale delle prestazioni, come suggerisce il gruppo di Guzzetta nel paragrafo dedicato all’edilizia scolastica. Quindi la presenza di una palestra a scuola diventerà un Lep, cioè un diritto da garantire ovunque, per le scuole pubbliche, con l’impegno dello Stato a realizzare le palestre dove mancano. Ma diventerebbe un obbligo anche per le scuole paritarie, per evitare che gli studenti degli istituti paritari ricevano una qualità inferiore del servizio di istruzione. Ma chi paga le palestre? Logica vuole che contribuisca chi ha introdotto l’obbligo. E così si aggira il vincolo del «senza oneri per lo Stato».