Avellino, quattro anni di D'Agostino aspettando il lieto fine

Si punta la B, ma finora ha raccolto solo una semifinale playoff

Avellino, quattro anni di D'Agostino aspettando il lieto fine
di Marco Festa
Giovedì 29 Febbraio 2024, 10:01
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«Ai tifosi posso garantire il massimo impegno nella costruzione di una società seria, che saprà arrivare a risultati importanti». Così, esattamente quattro anni fa, Angelo Antonio D'Agostino si presentò ai tifosi dopo essere diventato proprietario dell'Avellino. Da quel 29 febbraio 2020 l'imprenditore di Montefalcione non ha lesinato investimenti per cercare di riconquistare la Serie B, ma, finora ha raccolto solo una semifinale playoff. Nonostante 85 giocatori acquistati, con una media di 21 operazioni in entrata all'anno: ritmi da perenne rivoluzione che non hanno evidentemente aiutato a creare un gruppo affiatato nel corso degli anni. I «risultati importanti» non sono ancora arrivati. La «bella favola» è, per adesso, senza lieto fine.

Ciò che D'Agostino ha già ampiamente centrato è, invece, un altro obiettivo dichiarato: «Torniamo a parlare solo di calcio». In tal senso non andrebbe dimenticato cosa era l'Avellino prima del suo arrivo: vicissitudini su vicissitudini, il futuro costantemente in bilico tra gli affanni vissuti con la Sidigas e la IDC. D'Agostino ha reso l'Avellino finalmente solido superando immediatamente la prova del Covid.

Il resto è storia: dallo stop al campionato e l'eliminazione al primo turno dei playoff contro la Ternana, passando per il siluramento maldigerito da Capuano in favore di Braglia nel corso della gestione dell'area tecnica targata Di Somma.

Un percorso iniziato con quella che, a oggi, è la miglior stagione del quadriennio D'Agostino: quella finita in semifinale playoff contro il Padova, il 9 giugno 2021. Un bivio imboccato male. Poteva essere un punto di partenza, ma l'aver avallato in buona fede il restyling spropositato di una rosa vincente fu il preludio a un biennio deludente, in cui maturarono gli esoneri di Braglia e Di Somma, l'avvento di Gautieri e De Vito e si originò una parabola discendente che nella sera del 4 maggio 2022 toccò il suo punto più basso con le dichiarazioni a caldo dopo l'eliminazione al secondo turno dei playoff contro il Foggia: «I giocatori non sono degni di giocare per questa maglia. Si ripartirà da zero. Hanno fatto una stagione di schifo». Una gogna pubblica che ebbe strascichi significativi nel rapporto con lo spogliatoio, creò alibi e complicò il mercato contribuendo a mandare allo sbaraglio De Vito e il malcapitato Taurino.

Sbagliando si impara anche se a settembre 2022 D'Agostino ci ricascò. Nel pieno della frustrazione per le difficoltà della squadra affermò: «L'Avellino vale il Catanzaro» e aggiunse «Con De Vito spero di non aver commesso lo stesso errore fatto con Di Somma». Altri due passaggi a vuoto dettati da una comunicazione impulsiva, registrata nel tempo grazie all'esperienza acquisita gradualmente e che con il ritorno di Rastelli ha fatto registrare una svolta: per la prima volta, presentando il nuovo allenatore, D'Agostino tralasciò lo scaricabarile e da lì ha limitato gli sfoghi a cuor leggero. La scorsa estate, con l'addio a De Vito e l'innesto di Perinetti, il patron ha abbandonato la conduzione familiare allargando l'organigramma dirigenziale. Forse allontanandosi troppo dalla quotidianità dei calciatori nell'indispensabile meccanismo del “bastone e carota”.

Il contratto di Rastelli, che si è rinnovato automaticamente fino al 2025 in seguito al suo esonero, è stato l'ultimo tassello di un effetto domino determinato dalla rincorsa ai rimedi agli errori commessi. E si arriva alla stretta attualità. Una campagna acquisti faraonica, la virata su Pazienza, il quinto allenatore in quattro anni targati D'Agostino, non stanno bastando per primeggiare. Il presidente si era detto disponibile a parlare all'indomani di Potenza-Avellino ma alla fine ha scelto il classico silenzio che fa rumore. Sullo sfondo restano il progetto per lo stadio, in stand-by, un settore giovanile finalmente degno di essere definito tale e la determinazione di dimostrarsi più forte dello sfavore delle stelle, che hanno voluto che diventasse presidente in un anno bisesto. Oggi come allora.

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