San Matteo, giravolte e fischi al vescovo:
condannati capiparanza e cittadini

San Matteo, giravolte e fischi al vescovo: condannati capiparanza e cittadini
di Angela Trocini
Venerdì 29 Ottobre 2021, 06:10 - Ultimo agg. 10:14
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Diciotto le condanne, tra capiparanza e semplici cittadini, ed un’assoluzione per i disordini accaduti durante la processione di San Matteo del 2014. La sentenza è stata emessa ieri sera dal giudice monocratico Tiziana Santoriello della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno che ha completamente assolto Raffaele De Martino (difeso dall’avvocato Gerry De Martino), capoparanza della statua di San Giuseppe, perchè il fatto non costituisce reato. A carico dei capoparanza della statua di San Matteo, il giudice ha emesso una condanna di 9 mesi a Raffaele Amoroso; 8 mesi a Consolato Esposito e 6 mesi a Domenico Alfieri. Sotto processo, per turbativa di funzione religiosa e vilipendio di un ministro del culto (all’epoca monsignor Luigi Moretti), erano finiti anche alcuni cittadini che fischiarono e lanciarono invettive all’allora arcivescovo: Riccardo De Angelis, Palmerino Oliva, Rossella Pullo, Gianluca Mutarelli, Antonio Amati, Mario Barra, Maria Rosaria D’Agostino, Giovanni Di Landri, Carlo Cuoco e Gerardo De Simone condannati a 4 mesi ciascuno e al pagamento di 2.500 euro di multa. E, ancora, Mario Ferrara, Veronica D’Agostino, Antonio Simone, Guglielmo Pagano e Gianluca Vitale condannati 4 mesi ciascuno. A tutti è stata concessa la sospensione della pena e le circostanze attenuanti generiche con condanne più lievi rispetto alla richiesta del pm Francesca Fittipaldi che, al termine della requisitoria, aveva concluso per una condanna a due anni di reclusione ciascuno per tutti gli imputati e l’assoluzione per De Martino (nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati Cecchino Cacciatore, Angelo Gesummaria, Ciro Romano, Pierluigi Spadafora,Vincenzo Caliendo, Michelangelo Cirillo).  

 

Secondo le accuse, il gruppo di portatori e cittadini non avevano rispettato gli accordi all’epoca presi con la Curia che aveva vietato le soste al Comune e alla Guardia di Finanza: soste effettuate ugualmente dai portatori delle statue e che, per la procura, avevano condizionato l’andamento della processione incitando i cittadini a fischiare e lanciare invettive contro l’allora arcivescovo Luigi Moretti. Per questo motivo tra gli imputati non erano finiti solo alcuni componenti delle paranze, ma anche semplici cittadini che, ad esempio, gridarono all’indirizzo dell’arcivescovo (che aveva voluto la processione del patrono più sobria e con regole precise come stabilito dalla Conferenza episcopale della Campania) insulti del tipo «vai via» ed altri epiteti ancora più pesanti, come «chiattone» o «per risparmiare inizia a non mangiare» ed altre offese, ma anche spintoni e fischi. A nessuno degli indagati era stata contestata l’accensione dei fuochi pirotecnici sulla spiaggia di Santa Teresa per la quale non era stata richiesta l’autorizzazione non essendo stati individuati gli autori da parte degli agenti della Digos che indagarono sui disordini della processione salernitana. La vicenda, all’epoca, fece molto scalpore: si parlò di «pressioni ed interferenze» e della presenza, tra i rivoltosi, di personaggi già noti alle forze dell’ordine tanto che in un primo momento si ipotizzò persino che le statue dei santi si facevano «girare» nei luoghi in cui tra il 1996 e il 2002 erano avvenuti tre omicidi di camorra: cioè le giravolte della statua di San Matteo in piazza Portanova dove fu ucciso Berardino Grimaldi; sul Lungomare di Salerno dove fu ammazzato Lucio Grimaldi; all’altezza di via Velia, la strada che porta a piazza Portarotese, dove in un circoletto di via Vernieri fu ucciso Lucio Esposito.

Circostanza che, però, non trovò riscontro nel prosieguo delle indagini in quanto le «giravolte» erano una consuetudine durante il lungo percorso della processione in molti altri punti della città.

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