Femminicidio a Pontecagnano Faiano, le amiche di Anna Borsa in aula: «Non denunciò perchè temeva ritorsioni»

Anche in un messaggio WhatsApp, inviato ad un’amica, Anna diceva di non poter raccontare nulla: «devo proteggere la mia famiglia e anche voi»

Anna Borsa
Anna Borsa
di Angela Trocini
Venerdì 12 Gennaio 2024, 07:00
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Da gennaio a marzo, quando la mattina dell’1 marzo 2022 fu uccisa dall’ex fidanzato, Anna Borsa ha vissuto l’inferno. Ieri, all’udienza del processo a carico di Alfredo Erra, hanno testimoniato due amiche della ragazza uccisa nel negozio di parrucchiere dove lavorava a Pontecagnano Faiano, raccontando ai giudici della Corte di assise di Salerno le confidenze che Anna faceva loro riguardo le minacce, anche di morte, che Erra pronunciava contro di lei. Ma Anna non ha mai denunciato Alfredo, persino la sera in cui le due amiche l’accompagnarono in caserma: «Penso che avesse paura», ha raccontato una delle due testimoni. Non è escluso che la povera Anna avesse timore di gravi ritorsioni, da parte dell’ex fidanzato, contro i familiari, prima di tutto contro il fratello a cui era legatissima.

Anche in un messaggio WhatsApp, inviato ad un’amica, Anna diceva di non poter raccontare nulla: «devo proteggere la mia famiglia e anche voi» ed è per questo motivo che aveva pensato di andare via da Pontecagnano. Non facendo in tempo però. Una delle amiche, quella con cui Anna aveva un legame più stretto, ha raccontato come la ragazza usciva sempre meno «proprio per non incontrare Erra. Più di una volta ci seguiva rimproverandoci se ci vedeva prendere un caffè al bar. Anna mi raccontava che Erra andava in negozio per controllarla. Telefonava continuamente a tutte le ore del giorno e della notte minacciandola: mi disse che una volta le aveva puntato una pistola in fronte dicendo che l’avrebbe uccisa; un’altra volta, erano in macchina tutti e due, e lui si è cosparso di benzina buttandola anche addosso a lei, minacciando di darsi fuoco e morire insieme. Un’altra volta minacciò anche di ucciderle i cani».

E anche la mattina in cui Anna poi fu uccisa, Alfredo Erra andò in negozio come ha raccontato la giornalista Simona Cataldo cliente del coiffeur dove lavorava la giovane vittima: «quella mattina Anna era molto spaventata, direi terrorizzata. Mi disse che l’ex fidanzato le aveva fatto passare due giorni d’inferno e quando le chiesi perché non denunciava tutto alle forze dell’ordine, mi rispose che era inutile in quanto abitavano vicino: lui in quella strada e lei nella strada difronte. All’improvviso Erra si presentò in negozio, chiedendo ad Anna di uscire ma lei rispose che non poteva perché stava lavorando. Anche io ebbi paura, ma pensai che fosse un mio stato d’animo personale. Poi Erra andò via, arrivò anche la mamma di Anna e quando io uscii dal negozio non c’era più nessuno». Dopo poco, però, Alfredo Erra ritornò in via Tevere dicendo ad Anna di volerla salutare in quanto aveva deciso di partire.

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Invece seguì la ragazza nel retro del negozio ed Anna non ebbe neanche il tempo di girarsi che fu colpita a morte. Poi lo stesso Erra tentò di spararsi, ma non ci riuscì e dopo aver sparato a Caccavale nel trambusto generale fuggì fino alla cattura, da parte dei carabinieri, poche ore dopo.

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