CrimiNapoli / 22 Quando il boss Cutolo scriveva poesie: il libro che fu al vaglio dei giudici

CrimiNapoli / 22 Quando il boss Cutolo scriveva poesie: il libro che fu al vaglio dei giudici
di Gigi Di Fiore
Venerdì 18 Marzo 2022, 11:00 - Ultimo agg. 25 Marzo, 10:49
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Quelle poesie entrarono come prova d’accusa nelle ordinanze dei giudici istruttori che nel giugno 1983 firmarono gli arresti nel blitz contro gli accusati di far parte della Nuova camorra organizzata. Le poesie che Raffaele Cutolo pubblicò con l’editore Berisio di Napoli tre anni prima. Un libro ormai introvabile, intitolato “Poesie e pensieri” con 51 poesie precedute da una serie di frasi-concetto in prosa, scritte in carcere dal capo della Nco, corredate anche da una serie di foto del boss e di alcuni personaggi legati alla Nco. Una rarità, a 42 anni di distanza, su cui scrivevano i giudici nel 1983: “Le idee del capocamorra si possono ritrovare nell’opera Poesie e pensieri del Cutolo, come nelle lettere sequestrate a quest’ultimo e ai suoi adepti, tra i quali si era diffusa la moda di esprimersi in via epistolare”.

GLI APPUNTI

Era la novità della camorra cutoliana, la camorra che si fece mafia, la camorra massa creata da Cutolo su richiesta dei calabresi che in Campania volevano un’organizzazione criminale unitaria e piramidale da contrapporrre ai siciliani. Da pagina 95 a pagina 99, la sentenza-ordinanza “Abagnale Agostino più 711” si fa recensione e analisi di alcune poesie cutoliane, che furono appuntate in carcere su una serie di agendine. Era la novità della Nco: le idee criminali e le filosofie camorristiche del capo non venivano nascoste, ma diffuse in un testo in vendita. La camorra non aveva più solo rituali di affiliazione più o meno segreti, ma anche idee di riferimento del capo, diffuse nelle librerie. “Un vero camorrista ragiona sempre col cervello, mai col cuore” scriveva Cutolo a pagina 79. E aggiungeva: “La legge della Camorra, a volte è spietata…Però…Con chi tradisce”. Nel libro c’era anche un’introduzione, scritta da uno degli avvocati di Cutolo: Francesco Gangemi del foro di Reggio Calabria. Definiva Cutolo “un poeta” e invitava chiunque “avesse, al di là di certe bardature istituzionali, disponibilità all’ascolto di un messaggio autentico e profondo”, a leggere le poesie per “capire che un’anima ha sempre dentro di sé, come ricordo o come nostalgia, come amore o come sogno, il desiderio e la gioia del bene”.

Messaggi giustificativi del crimine, degli omicidi compiuti in nome e per conto di Cutolo e della Nco, delle estorsioni pretese a tappeto da chiunque in tutta la Campania. E non a caso quel libro venne quasi subito sequestrato, nell’anno forse di maggiore potere criminale nella Nco allora vincente nella spietata guerra di camorra contro i gruppi della Nuova famiglia: il 1980. E uscì, per una fatale combinazione, proprio nel mese di novembre, quello del terribile terremoto in Irpinia.

I MESSAGGI CRIMINALI

Ammissioni senza paura, nella sicurezza dell’impunità di chi aveva organizzato la sua Nco in carcere e dal carcere dava indicazioni a chi doveva eseguire le sue direttive all’esterno: la sorella Rosetta, i suoi vice, chiamati “santisti”, cambiati nel tempo, da Giuseppe Puca a Enzo Casillo. “Dicono che ho organizzato la Nuova Camorra. Se fare del bene, aiutare i deboli, far rispettare i più elementari valori e diritti umani che vengono calpestati quotidianamente dai potenti e ricchi e se riscattare la dignità di un popolo vuol dire “camorra”, allora ben mi sta questa ennesima etichetta” scriveva Cutolo a pagina 64. Ogni poesia era introdotta da pensieri di questo tipo, che erano l’altra faccia delle liriche e esprimevano con chiarezza la filosofia del camorrista e della Nco.

Tanto da far scrivere ai giudici: “L’opera costituisce una traccia fondamentale per la comprensione del fenomeno camorra. Fu stampata nel periodo d’oro della Nco, quando all’autore e ai suoi amici sembrava che quella efferata storia non dovesse finire”.

 

Erano i giorni del primo processo a Cutolo e a 25 suoi affiliati, celebrato a Napoli. Il processo show del boss, delle sue interviste dal gabbiotto dei detenuti in aula, dei suoi proclami e messaggi in codice. Il processo celebrato mentre sotto casa del presidente del tribunale veniva fatta esplodere una bomba e venivano uccisi, a distanza di poco tempo, il consigliere comunale comunista di Ottaviano, Domenico Beneventano, e il sindaco di Pagani, l’avvocato Marcello Torre.

Obiettivo del libro, ne erano convinti i giudici, “era la propaganda massima del pensiero cutoliano, come forma di divulgazione della camorra al fine del maggiore reclutamento possibile”. Linguaggio chiaro e aperto, nessuna autocensura. Aggiungevano i giudici nell’ordinanza-sentenza: “Si parla senza alcuna remora di camorra, di infamità, di compari e figliocci, di vita e di morte, di regali e punizioni”. Nelle foto riprodotte, c’era il gotha della Nco: Pasquale Barra, detto ’o nimale; Pasquale D’Amico, Mario Strazzeri, Carlo Biino, Giuseppe Serra, Michele Iafulli, Franco Invigorito. Molti erano killer, qualcuno sarebbe diventato collaboratore di giustizia, altri avrebbero fatto una morte violenta. Una “lettura sconvolgente” scrivono i giudici, in versi pubblicati in contemporanea agli eccidi compiuti nel carcere di Poggioreale, nelle ore del terremoto del 23 novembre 1980.

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Una poesia era dedicata allo spietato ‘omm’e camorra Pasquale Barra, killer sanguinario. Ma la poesia più terribile, era “Testimone innocente”, dedicata al piccolo rimasto orfano del padre Antonio Cuomo e della madre Carla Campi che il boss aveva fatto uccidere perché li riteneva traditori. Una vicenda che raccontata anche nel film di Giuseppe Tornatore dedicato a Cutolo, “Il camorrista”, ispirato al libro omonimo di Joe Marrazzo. Scriveva Cutolo: “La morte gli ha preso prima il papà /Poi la mamma/ Passerà molto tempo per rendersi conto del crudo destino e della sua tragica realtà di bimbo solo…/La legge della camorra spietata e crudele, Non perdona i traditori. Purtroppo i suoi genitori erano maestri: di tradimenti, infamie e calunnie”.

Una confessione messa per iscritto. Parole spietate del “camorrista” più famoso del secondo dopoguerra, morto un anno fa, il 17 febbraio del 2021. Su di lui, anche attraverso la penna di scrittori di successo, si preparano fiction e nuovi film. Più di quelle opere in costruzione, parlano però già molto bene le parole stampate in “Poesie e pensieri”.

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