CrimiNapoli / 30: Camorristi catturati a mare tra i bagnanti: il primo fu il killer di Silvia Ruotolo

CrimiNapoli / 30: Camorristi catturati a mare tra i bagnanti: il primo fu il killer di Silvia Ruotolo
di Gigi Di Fiore
Venerdì 13 Maggio 2022, 10:25 - Ultimo agg. 14 Maggio, 08:20
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Si sentono al sicuro, o più semplicemente non pensano che, in una località di vacanza e soprattutto d’estate, qualcuno possa riconoscerli o andarli a prendere. Sono diversi i camorristi latitanti, già condannati o destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare, che sono stati individuati e arrestati in località di mare. Sulla spiaggia, o in un residence fittato per l’occasione.

Venne trovato a Marina di Cetraro, dove aveva fittato un appartamento per due milioni e mezzo di lire al mese, Rosario Privato uno dei killer di Silvia Ruotolo, la giovane mamma uccisa per errore da un commando del clan Alfano che aveva per bersaglio un affiliato del gruppo avverso nel quartiere del Vomero di Napoli. Era l’estate del 1997. Rosario Privato, 29 anni, individuato e ricercato dagli agenti della Squadra mobile di Napoli, si era trasferito con la sua giovane compagna sulle coste calabresi. Gli agenti lo avevano pedinato nei giorni precedenti in spiaggia, dove si erano finti dei bagnanti mischiati tra la gente al mare, Privato si era lasciato crescere baffi e pizzetto, si mostrava gioviale con tutti i vicini di spiaggia. Gli agenti lo avvicinarono mentre parlava con altri villeggianti. “Sei in arresto, Privato” gli dissero. Fine della breve latitanza e inizio, non molto tempo dopo, della collaborazione con la giustizia. Privato divenne un pentito, che consentì l’arresto di tutti i componenti del commando omicida e la ricostruzione dell’agguato che aveva portato alla morte di Silvia Ruotolo.

AL RESIDENCE

Erano del clan Rinaldi del Rione Villa a San Giovanni a Teduccio, zona della periferia orientale napoletana, il 47enne Sergio Grassia e il 42enne Raffaele Oliviero. Erano ricercati per estorsione e avevano affittato un residence sul litorale laziale, a Marina di Ardea. Pensavano di restarvi fino a quando le acque non si fossero calmate e invece vennero subito rintracciati dai carabinieri che eseguirono l’ordinanza della Dda di Napoli e li portarono nel carcere di Velletri.

Il litorale laziale è stato considerato un luogo dove potersi rifugiare anche se per poco tempo da diversi affiliati a clan di camorra. Erano a Pomezia, due latitanti del clan Polverino di Marano-Quarto: il 53enne Giuseppe Ruggiero, inserito nell’elenco dei 100 latitanti più pericolosi d’Italia, e il 58enne Carlo Nappi. Erano latitanti da cinque anni, sfuggiti a ben due ordinanze di custodia cautelare su richiesta della Dda di Napoli per associazione camorristica, estorsione, traffico internazionale di droga. Li presero nell’estate del 2016, quando ormai erano sicuri di aver trovato a Pomezia il luogo più sicuro per la loro latitanza.

Per Domenico Micillo, 41 anni, affiliato del clan camorristico Mallardo, non si era invece trattato di un lungo viaggio. Si sentiva al sicuro, convinto di non poter mai essere tradito per le sue numerose connivenze.

E invece i carabinieri lo trovarono in un appartamento in via del Mare a Castelvolturno in provincia di Caserta. Non si era allontanato di molto dalla sua Giugliano. Era l’inizio estate del 2013, Micillo era ricercato per associazione camorristica, concorso in rapina favoreggiamento personale, corruzione, sfruttamento della prostituzione, detenzione e spaccio di droga. Aveva trovato rifugio in una palazzina di tre piani, dove occupava il primo. Era tranquillo, tanto da prepararsi a cenare con la moglie a la figlia piccola. Lo hanno subito portato nel carcere di Secondigliano.

IN CILENTO

Gli affiliati del clan Mallardo sono stati quelli che, più di altri, hanno pensato di trovare in case al mare i luoghi più sicuri e comodi per le loro latitanze. Convinti di potersi mimetizzare meglio. Lo beccarono a Palinuro, famosa località del basso Cilento, un altro affiliato del clan: il 34enne Michele Di Nardo. Era un esponente di spicco del clan, ritenuto in quell’estate del 2013 uno dei vertici in libertà, tra i reggenti delle sorti del gruppo. Aveva fittato un villino sulla spiaggia pagando tutto in contanti e, quando i carabinieri lo fermarono, era seduto in un bar. Inserito nella lista dei latitanti più pericolosi, Di Nardo era sfuggito al blitz dell’anno precedente che aveva falcidiato il clan Mallardo con 47 arresti. Nei suoi confronti, due ordinanze di custodia cautelare su richiesta della Dda napoletana, per associazione camorristica e estorsione. Era a Palinuro con la sua compagna 26enne, avevano affittato la villetta sul mare in località Saline dando un nome falso al proprietario. Quando venne preso, aveva in tasca duemila euro in contanti.

Non era invece ancora al mare, ma stava per andarci Aldo Gionta, il figlio del capoclan Valentino di Torre Annunziata. Era a Pozzallo, in Sicilia, pronto a imbarcarsi in aliscafo diretto a Malta il giorno dopo il Ferragosto del 2014. Era latitante da due mesi, in tasca aveva mille euro in contanti oltre a documenti falsi. Era con altre tre persone, due donne e un uomo. I carabinieri si sono sostituiti ai controllori dei biglietti e, quando è arrivato il turno di Gionta sulla passerella per imbarcarsi sull’aliscafo, lo hanno bloccato. Anche lui verso il mare, stavolta a Malta.

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